Il team building nella didattica. Dal corpo docente alla squadra di classe

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Questo documento si propone di indagare la possibile correlazione tra attività di Team Building, formazione di un Corpo Docente all’interno di un percorso scolastico e didattica esperienziale. Il Team Building è sempre più valorizzato in ambito aziendale come attività capace di rendere squadra un gruppo di lavoro. Analizzando alcuni concetti teorici di tali pratiche, si vorrà individuare le dinamiche in atto, proponendo un’ipotesi di sviluppo di queste in ambito scolastico, dal punto di vista della formazione del Corpo Docente. In seguito, proponendo un modello frattale, si analizzerà come questo abbia delle conseguenze positive in ambito didattico, sia dal punto di vista strategico che di risultato.

Introduzione

 È possibile migliorare la collegialità nel sistema di Istruzione italiano? Questo scritto vuole sollevare la questione, già toccata da Anna Marra nel 20091 e provare ad individuarne i principali punti focali, proponendo una possibile risposta alla luce di quanto ricercato sul campo.

L’attuale situazione delle istituzioni scolastiche in Italia, infatti, prende il via già dall’anno 2000, quando entra in vigore la legge sull’autonomia scolastica. Tale normativa vuole introdurre, tra le altre innovazioni, una maggiore capacità di adattamento e di flessibilità dell’ambiente scolastico, permettendo in tal modo una risposta più agile ed efficace alle necessità che, emergendo dai singoli studenti, vanno a toccare ogni organo coordinativo e gestionale degli Enti di formazione, sia statali che paritari, passando dal Corpo Docente.

Un altro punto di cambiamento che ha indicato una svolta nel modo di concepire il mondo stesso della scuola è stato quello inerente alla riforma promossa dal Ministro Fioroni il 22 agosto del 2007, con la quale è stato introdotto il sistema didattico “per competenze”.

Non volendo qui soffermarci sul concetto stesso di Competenza, già ampiamente trattato negli ultimi anni da autori sia italiani che stranieri2, basti ricordare che tale innovazione ha voluto tentare di scardinare la scuola da un’ottica tutto sommato nozionistica e legata al concetto di “programma”, in favore di un pensiero sulla didattica più ampio, che superi la suddivisione delle discipline in saperi e conoscenze, per promuovere un percorso legato allo sviluppo di competenze, complesse per loro stessa definizione.

In un contesto del genere, dunque, risulta ancora più fondamentale una programmazione intrinsecamente transdisciplinare da parte del Collegio docenti, con tutto ciò che questo comporta a livello non solo di proposta agli studenti, ma prima ancora rispetto il concetto stesso di collegialità e condivisione degli obiettivi.

2. Le problematiche della scuola come organizzazione

Alla luce dei cambiamenti auspicati nel paragrafo precedente, emerge nel panorama della scuola italiana un limite notevole rispetto ad una possibile implementazione del concetto di collegialità tra docenti all’interno dell’organizzazione scolastica3. Ad oggi, infatti, risultano ancora pochi e saltuari i momenti di vero confronto tra i diversi docenti. Escludendo infatti i Consigli di classe, normalmente incentrati sull’andamento del singolo alunno nelle diverse materie, sono rare le occasioni di programmazione e progettazione collegiali, in cui si elabora unanimemente un percorso che sia, per l’appunto, transdisciplinare.

Anche Marra (A. Marra 2009), arriva infatti ad evidenziare il medesimo problema: «Ogni insegnante, nel suo lavoro quotidiano, si organizza sempre quando deve svolgere una lezione o affrontare con i propri alunni una specifica attività» contrapponendo tale affermazione ad un’altra, immediatamente successiva: «Gli insegnanti invece trovano difficoltà ad accettare la dimensione collettiva dell’organizzazione, perché non ritengono necessario il lavorare insieme».

Riteniamo che l’autrice abbia evidenziato il punto di difficoltà del sistema scuola come capacità organizzativa interna tra i singoli attori della proposta didattica, che in effetti non potrà risultare pienamente coesa e orchestrata se tale situazione non andrà a cambiare in un futuro immediato.

Anche Piero Romei, già nel 19994, sollevava la medesima questione.

L’autore indica infatti, come unica via di una possibile assunzione di un compito unitario da parte dell’intero Corpo Docente, la creazione di un «sistema di incoerenze», ossia l’individuare un punto di equilibrio, certamente precario, tra «Le incoerenze derivanti dalle libertà individuali» e le «Regole di comportamento necessarie per gestire il sistema».

Sembrerebbe quindi impossibile, stando alla voce dei due autori citati, introdurre fruttuosamente un modello cooperativo efficace all’interno del sistema scolastico italiano, per lo meno finché la struttura organizzativa stessa non vada a modificarsi in un ipotetico futuro, più o meno auspicabile. Sempre Marra (A. Marra 2009) arriva addirittura ad indicare la collegialità come vera e propria «conquista culturale», possibile solamente grazie all’applicazione di un «esercizio continuo e sistematico». Ma come proporre, allora, un simile esercizio, e come renderlo efficace e applicabile all’interno della scuola italiana?

3. Domande e metodologia di ricerca

La mancanza di un coordinamento per obiettivo condiviso nello specifico del proprio agire didattico emerge come dato di fatto e come mancanza da colmare, all’interno del sistema preso in analisi. Dei due autori citati nel paragrafo precedente, nessuno riesce a portare un suggerimento per superare tale difficoltà e provare a definire un modello collegiale adeguato ai bisogni individuati.

Emerge quindi, all’interno di tale situazione, la prima domanda di ricerca: la Collegialità del Corpo Docente può essere una concreta possibilità e opportunità per la scuola? E se così fosse, quali strategie si potrebbero mettere in atto al fine di raggiungere tale scopo?

E ancora, potrebbero essere le pratiche correlate al Team Building nella sua variante Outdoor ad essere una risposta efficace a tali bisogni?

La ricerca ha voluto sviluppare un’indagine sia di tipo quantitativo che qualitativo.

In primo luogo è stato sviluppato un breve questionario anonimo, somministrato ad un campione piuttosto ristretto ma eterogeneo di docenti, di diversa provenienza, anzianità, ordine di istituto in cui operano e disciplina insegnata.

Successivamente sono stati estratti i dati ottenuti dall’analisi di tali questionari, riportandoli in grafici per ottenerne una visione sinottica.

In ultima battuta, si è preso in considerazione l’insieme di attività sviluppate nelle pratiche del Team Building e, in particolare,  abbiamo voluto concentrare la nostra attenzione sulle discipline Outdoor, proprio per le loro peculiarità.

In merito a questo, si riporta un’analisi qualitativa di un’attività intrapresa durante un Campus di formazione interno per docenti di Cometa Formazione scs. Saranno inoltre delineate le attività proposte al gruppo, sottolineando quelle in cui si è voluto migliorare la collegialità tra docenti.

L’intenzione è dunque quella di riportare i dati di indagini ed attività svolte, cercando di evidenziare, in conclusione di questo scritto, le ipotesi di lavoro successive che potranno portare a delineare al meglio il modello qui proposto, oltre che individuare in maniera più dettagliata le modalità di azione più efficaci.

4. Il lavoro di squadra nella scuola: analisi del bisogno dei docenti italiani

Il primo passo di questa ricerca è stato quello di verificare quanto il bisogno di collegialità inteso come lavoro di squadra corrisponda effettivamente ai desideri dei docenti. Per questo, come già indicato, è stato elaborato un questionario riportato qui sotto a titolo esemplificativo.

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Si potrà osservare come tale questionario sia stato organizzato in tre semplici domande più una domanda comprensiva di otto diversi fattori, previa raccolta dati di carattere anagrafico, per tracciare anche il range di età  dei docenti presi in considerazione, l’istituto di appartenenza e l’anzianità di insegnamento. Questo consente, di fatto, di includere risultati provenienti da attori diversi tra loro per ciascuno dei criteri sopraelencati, ottenendo così un’analisi di dati eterogenei.

Lo spoglio dei questionari compilati ha permesso la creazione del grafico riportato qui sotto, che consente una visione d’insieme dei dati emersi circa il rapporto tra docenza e lavoro di squadra, mutuato dalle prime tre risposte del questionario somministrato.

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L’asse orizzontale del grafico rappresenta il numero di docenti intervistati (32), mentre l’asse verticale il numero di domanda. Con i vari colori si sono indicate, invece, le risposte fornite dai soggetti intervistati, da cui si evince l’estrema importanza data, a livello generale, al lavoro di squadra all’interno della scuola.

Questo ha permesso, in fase preliminare, di verificare il fatto che il desiderio di lavorare in squadra sia effettivamente presente tra i docenti della scuola italiana, individuando così il bisogno a cui questa ricerca desidera dare un primo suggerimento di risposta. Se da una parte, quindi, emerge un bisogno forte in tale senso, dall’altra rimane ancora in questione la modalità con cui si potrebbero implementare le azioni collaborative. Se, come è indicato dalle risposte alla domanda 2, quasi tutti gli intervistati affermano di confrontarsi quotidianamente con i colleghi, d’altra parte risulta difficile ipotizzare un lavoro sistematico in tal senso, considerando la distribuzione oraria del carico di lavoro assegnato a ciascun docente e la sua non permanenza sul posto di lavoro, una volta terminato l’orario delle lezioni.

Il confronto, si crede, avviene sì quasi quotidianamente, ma per libera iniziativa del singolo docente e solamente in maniera informale, negli spazi liberi tra una lezione e l’altra, privo di sistematicità. Si è ancora lontani, quindi, da un modello di collegialità affinato ed efficace, oltre che efficiente.

La quarta domanda, invece, ha voluto indagare un altro aspetto della nostra ricerca, relativo alla possibile strategia per migliorare l’attitudine alla cooperazione.

Gli otto fattori indicati in questa domanda, infatti, non sono stati scelti casualmente, ma sono quelli indicati da diversi autori5 come facilmente implementabili attraverso attività di Team Building.

Gli studiosi in questo campo hanno sempre visto tali qualità in un’ottica di miglioramento del lavoro di team in azienda, non prendendo mai in considerazione il Corpo Docente come un insieme di professionisti che pure deve collaborare strettamente per raggiungere uno scopo comune: il buon apprendimento di ciascun alunno.

Sebbene questa prospettiva apra di fatto spazi ad altre considerazioni, come ad esempio la centralità dell’alunno come persona nel sistema scuola6, desideriamo concentrare l’attenzione di questa ricerca sulle qualità richieste dal mondo aziendale e sviluppate attraverso il Team Building e verificare se le medesime risultino effettivamente considerate importanti anche dai docenti della scuola italiana.

Il grafico riportato di seguito indica i vari punteggi, da 1 a 10, attribuiti a ciascun elemento presente nella quarta domanda del nostro questionario.

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Come si può notare, nessuno degli otto fattori presi in analisi dai docenti sottoposti a questionario ha ottenuto un punteggio negativo, e solamente in quattro casi (empatia, gestione delle relazioni, pensiero creativo e raggiungere lo scopo) si sono avuti 2 voti su 32 con un punteggio appena sufficiente.

È possibile quindi asserire, in base a tali risultati, che le competenze esercitate tramite azioni di costruzione del Team siano effettivamente considerate importanti dai singoli docenti, al fine di migliorare la propria prestazione professionale.

In ultima analisi, i docenti italiani desiderano lavorare in Team e migliorare le possibilità di collaborazione coi colleghi, considerano come importanti le qualità tipiche del lavoro di squadra, ma di fatto ad oggi non sono presenti, nelle organizzazioni scolastiche, momenti dedicati interamente alla cooperazione tra docenti, specialmente in ottica transdisciplinare7.

5.  Il Team Building come ipotesi di risposta

Nel paragrafo precedente si è mostrato un bisogno, emerso dall’analisi dei dati, da parte dei docenti di scuola, di collaborare in squadra.

Si è inoltre messo in evidenza la coincidenza di fattori considerati importanti dal mondo delle aziende e da quello dei docenti.

Rifacendoci a Marco Rotondi (Rotondi 2004), potremo affermare che ogni attività di costruzione del Team, in qualunque contesto la si voglia analizzare, prenderà i suoi presupposti attuativi dal mondo dell’apprendimento esperienziale.

Nell’opera citata, infatti, l’autore dimostra attraverso un breve excursus storico e bibliografico come secondo i più importanti teorici del XX secolo della formazione in ambito adulto, sia di correnti americane che europee8, propongano un modello di apprendimento basato sull’esperienza.

Lo stesso Rotondi, proponendo una frase di sintesi a tal proposito, sostiene che «Non può esservi apprendimento senza ancoraggio alla vita reale». Da una parte, quindi, si pone l’apprendimento esperienziale come paradigma per eccellenza di crescita personale all’interno di un gruppo di cooperanti. Dall’altra, saranno proprio le attività tese al miglioramento del lavoro di gruppo a dare maggiore risposta ai bisogni dei docenti, emersi dalla nostra indagine.

A chiarire il rapporto tra collegialità e lavoro di squadra può essere preso in considerazione il modello del campo di gioco come metafora del Team, indicato da Quaglino e Cortese (Quaglino-Cortese 2003) e qui sotto riportato.

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Le attività di costruzione del Team sono infatti mirate alla condivisione dei quattro elementi indicati nello schema: Obiettivo, risorse, coordinamento e metodo.

Unendo questi scopi ad un processo di apprendimento di tipo esperienziale, pertanto, si potranno di fatto delineare alcune attività che possano portare ad un miglioramento della collegialità tra docenti, ossia lo scopo di questa ricerca.

Verso la fine del XX secolo si sono venute a creare diverse metodologie di apprendimento esperienziale, tutte nate in contesto aziendale e per lo più nel mondo anglosassone e in particolare statunitense.

L’Europa, in particolar modo agli albori del XXI secolo, ha saputo appropriarsi di tali pratiche, organizzate da Rotondi (Rotondi 2004) in cinque gruppi, differenti tra loro per dinamiche e strategie messe in atto:

  • Autoformazione
  • Learning Community
  • Work Place Learning
  • Coaching
  • Outdoor Training

Tra questi, vorremo prendere in considerazione solamente l’ultimo, dal momento che rispecchia l’attività di ricerca messa in atto durante il nostro studio sul campo.

Se infatti le prime quattro metodologie di «formazione incisiva» (Rotondi 2004) sono riscontrabili, in un certo senso, già all’interno della comune esperienza del docente di scuola italiana, quest’ultimo necessita di un tempo e un luogo dedicati e specifici, oltre che di un formatore competente che guidi l’esperienza proposta.

Volendo dare una definizione della formazione Outdoor, si potrebbe utilizzare quella fornita da Rotondi:

«Sono percorsi formativi nella natura in cui i partecipanti, incontrandosi fuori dai ruoli e dai contesti organizzativi consolidati e rigidi, vivono esperienze d’apprendimento coinvolgenti emotivamente, affrontando compiti e situazioni nuove spesso impreviste, riflettendo su quanto accaduto e sviluppando così le competenze target e la capacità di apprendere dall’esperienza» (Rotondi 2004).

Come giustamente sottolineato dall’autore, dei cinque metodi proposti per la formazione esperienziale degli adulti, quest’ultimo è di fatto l’unico a voler coniugare diversi emisferi dell’apprendimento. Infatti, sebbene l’attività fisica sia solamente di importanza secondaria, questa permetterà il coinvolgimento del corpo del soggetto, oltre che quello dell’emotività. Si può quindi definire la formazione Outdoor come paradigma di apprendimento olistico, facilmente declinabile all’interno degli ambiti lavorativi quotidiani, se propriamente condotto dal formatore in fase di debriefing9.

6.  Il caso di studio: Campus Cometa 2015

La seconda parte della nostra ricerca ha voluto quindi indagare sul campo l’effettiva efficacia di una formazione Outdoor all’interno di un sistema scuola, mirata a mettere in pratica, attraverso l’esperienza, un protocollo di azione e gestione delle attività scolastiche  precedentemente condiviso attraverso lezioni in aula. Per migliorare quindi l’apprendimento e la capacità di mettere in pratica attraverso l’esperienza quanto proposto solo a livello concettuale, si è proposta un’intera giornata di formazione Outdoor, svoltasi il 3 luglio 2015 in un campo esterno appositamente attrezzato per tali attività, a cui hanno preso parte 24 dipendenti di Cometa Formazione tra docenti, tutor e insegnanti di sostegno. Si noti che, in tal caso, la molteplice tipologia dello staff chiamato a prendere parte a tale esperienza sia un elemento di pregio, rispetto agli obiettivi posti; se può emergere una migliore collaborazione e collegialità tra differenti attori implicati nell’educazione, a maggior ragione si potranno ottenere risultati positivi indirizzando tale metodologia formativa al solo Corpo Docente, laddove alcune istituzioni scolastiche abbiano solamente questo.

6.1 Il Briefing iniziale

La giornata di formazione ha avuto inizio attraverso un breve briefing introduttivo alla giornata e allo scopo proposto, in cui è stata chiesta una sintesi di quanto elaborato già in aula riguardo alla condivisione di un protocollo da parte di tutti i colleghi; i partecipanti sono stati poi suddivisi in due gruppi, ciascuno sotto la supervisione di un istruttore dedicato. La suddivisione, per questa parte della giornata, è stata puramente a scopo di gestire meglio le attività proposte, senza introdurre nessun elemento competitivo.

6.2 Attività propedeutiche

Al fine di creare un risveglio e un coinvolgimento sia emotivo che psico-fisico, ciascun gruppo è stato guidato dagli istruttori in diverse attività atte a stimolare la risposta del corpo in situazioni inusuali, con un fattore di sollecitazione emotiva notevole, determinato da alcune prove che vanno a toccare, volutamente, alcuni aspetti interiori poco affrontati nella vita quotidiana. Sono stati proposti, ad esempio, percorsi arborei ecodinamici di vario tipo per riacquisire consapevolezza della propria corporeità, oltre a prove in cui le paure più diffuse (acluofobia, acrofobia, claustrofobia) vengono testate per essere superate, acquisendo così maggior confidenza nel proprio potenziale. Come si può intuire, gli aspetti fisici ed emotivi vengono sollecitati ampiamente in questa prima parte, permettendo ai soggetti di sviluppare una maggiore consapevolezza di sé all’interno di una determinata azione.

6.3 Comunicazione, leadership e fiducia

Dopo una pausa pranzo in cui è stata volutamente lasciata libera convivialità, i due gruppi precedentemente formati sono stati suddivisi in due parti ulteriori. I quattro equipaggi così composti hanno dovuto selezionare autonomamente, in 30 secondi di tempo, un leader che li conducesse in un ambiente boschivo mai esplorato in precedenza da nessun membro del gruppo. Tutti i soggetti, eccezion fatta per il leader, risultavano bendati e solamente questi potevano raccogliere piccoli oggetti disseminati per il percorso, guidati soltanto dalla voce del leader. Si può comprendere facilmente come attraverso questa semplice attività i tre fattori indicati dal titolo siano stati stimolati e agiti, con le dovute differenze, da ciascun equipaggio.

6.4 Collaborare secondo una metodologia pre-definita (protocollo)

Riformati due gruppi, unendo a coppie i quattro equipaggi dell’attività precedente, è stato affidato un prodotto specifico (in questo caso un riparo) che avesse delle caratteristiche definite (capienza e impermeabilità) e da realizzare in un tempo preciso (un’ora) con delle risorse inizialmente dichiarate (materiale recuperato dall’ambiente boschivo).

Ogni squadra di lavoro ha dovuto attenersi ad un protocollo condiviso in precedenza, suddividendosi i compiti e le responsabilità, oltre che organizzando le fasi di creazione del prodotto: ideazione, progettazione, realizzazione e valutazione. I risultati, al termine del tempo disponibile, sono stati ottimi. Anche in questo caso si è potuto constatare come la comunicazione e la scelta di persone guida all’interno delle varie lavorazioni abbiano avuto un ruolo preponderante nella buona riuscita di tale attività. La cosa più importante, a livello di analisi qualitativa, è stata quella che nessuna delle due squadre ha chiesto agli istruttori, qui in veste di giudici, chi avesse vinto: riteniamo che questo sia il più grande dei risultati, perché ogni squadra risultava così soddisfatta del proprio operato e di aver raggiunto lo scopo collaborando in maniera adeguata, che il confronto con l’altro gruppo è passato, di fatto, in secondo piano rispetto al proprio scopo.

6.5 Debriefing finale

A conclusione dell’autovalutazione dei propri elaborati, le due squadre si sono riunite per produrre un breve debriefing finale, guidati dall’istruttore della giornata. Sono emersi, in conclusione, tutti i fattori proposti dal protocollo ricordato a inizio giornata, ma tradotti in chiave esperienziale, attraverso esempi concreti vissuti in prima persona.

Al di là del ricordo positivo della giornata, i giorni successivi del Campus di formazione, trascorsi in aula e non più Outdoor, hanno dimostrato la bontà e l’efficacia delle azioni intraprese per affinare la cooperatività e la collegialità dei docenti di Cometa Formazione.

7. I prossimi sviluppi della ricerca

Questo primo documento ha voluto introdurre uno studio sul rapporto tra la collegialità ricercata nel contesto scolastico e le attività di formazione esperienziale Outdoor, ma di sicuro non pretende di esaurire così le domande poste nel terzo paragrafo.

Al momento in cui si scrive, è già previsto un nuovo momento di formazione Outdoor, che vedrà coinvolti più di 30 insegnanti di Cometa Formazione scs, dei quali solamente alcuni hanno avuto modo di partecipare anche all’esperienza del 2015.

In tale sede, si vorrà pertanto introdurre nella nostra ricerca l’identificazione e la misurazione degli outcomes prefissi non solamente a livello qualitativo, ma anche come raccolta di dati sensibili, anche attraverso interviste ragionate e questionari pre-elaborati.

In secondo luogo, si desidera promuovere con diversi mezzi il questionario proposto a 32 docenti come input indicativo iniziale del  nostro studio. La diffusione di questo, inoltre, vorrà essere anche internazionale, al fine di avere un’analisi inerente a diverse nazioni e, soprattutto, verificare se la percezione delle figure professionali di insegnanti in Italia sia simile ad altri contesti, differenti per cultura e struttura degli Enti educativi.

Come ultimo punto di sviluppo, si vorrà indagare in futuro come la pratica della Formazione Outdoor indirizzata al Corpo Docente possa avere un impatto, e di quale tipo, sugli studenti ad esso in carico.

Quali conseguenze può avere un miglioramento dei punti indicati da Quaglino e Cortese (Quaglino-Cortese 2003) sull’andamento del gruppo classe in termini di collaborazione, sviluppo delle competenze e strutturazione di una didattica sempre più transdisciplinare e basata su un apprendimento di tipo esperienziale?

Bibliografia

Bertagna, Dietro a una riforma. Quadri e problemi pedagogici dalla riforma Moratti al «cacciavite» di Fioroni, Rubettino, Catanzaro, 2009.

Lazzari, Il manuale del teambuilder. Tutto ciò che è necessario sapere per trasformare un gruppo di lavoro in una squadra e una squadra in una squadra specializzata, Franco Angeli, Milano, 2012.

Morin, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000.

P. Quaglino – Claudio G. Cortese, Gioco di squadra. Come un gruppo di lavoro può diventare una squadra eccellente, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003.

Romei, Guarire dal mal di scuola. Motivazione e costruzione di senso nella scuola dell’autonomia, La nuova Italia, Milano, 1999.

Rotondi, Formazione Outdoor: apprendere dall’esperienza. Teorie, modelli, tecniche, best practices, Franco Angeli, Milano, 2004.

Sitografia

www.rivistadidattica.com

www.tuttoscuola.com

Guarda il video della presentazione:

Prima parte
Seconda parte
Terza parte

Pubblicato da Francesco Campiotti

Francesco Campiotti (Varese, 1986) got his degree at Università Cattolica Milan in Modern Philology. Since 2011 he has been teaching Italian Language at Cometa Formazione and he is also trainer for trainers. His research focuses on experiential learning, digital tools in education and training, outdoor training for students and trainers. In 2016 he got his PhD at Università di Bergamo in Human Capital Formation and Labour Relations. He is currently teacher of Digital Communication for Tourism at the International Academy of Tourism and Hospitality in Cernobbio. He is trainer of survival accredited from the Italian Federation Survival.

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