Il modello Scuola-Impresa e l’Experiential Learning in Cometa

La formazione tradizionale è basata su competenze ormai non più utili per le richieste del mercato. Metodi come l’apprendimento in situazione, experiential learning, è invece un metodo “finalizzato” e più spendibile nel mondo del lavoro non solo per la qualità della formazione delle competenze professionali, ma ancor più per quelle trasversali. Lo strumento della Scuola-Impresa diviene essenziale per la costruzione, in ambito educativo e formativo, del nesso tra disciplina e realtà. Questo caso studio tratta il nuovo approccio di apprendimento di Cometa Formazione per studenti della Scuola Oliver Twist di età compresa tra i 14 e i 18 anni.
(Articolo di Francesco Campiotti, Maria Chiara Gomaraschi e Marianna Nicotra, basato su un prodotto del Progetto Erasmus+ Trio2Success)

Tra le grandi sfide quotidiane delle attività educative e formative, aiutare gli studenti (per lo più ragazzi giovani) a sviluppare una resilienza personale è di primaria importanza. Le capacità imprenditoriali, le competenze digitali, e il pensiero creativo sono solo alcune degli elementi chiave della EU Skills Agenda, recentemente approvata della Commissione Europea (CE, 2016). Cometa Formazione, che opera a Como, è fortemente attiva nel creare e preservare queste condizioni in modo da aiutare i ragazzi a riconoscere e ad approfondire la conoscenza delle loro attitudini.

Basato sul concetto dell’ “Experiential Learning”, Cometa Formazione e la Scuola Oliver Twist hanno implementato l’approccio scuola impresa con lo scopo di sviluppare resilienza, coinvolgendo gli studenti nella realizzazione di prodotti reali destinati a clienti reali nei vari laboratori della scuola: una falegnameria, uno bottega del tessuto, due sala-bar e un ristorante. La sfida è sempre più critica se confrontata con gli obiettivi principali delle politiche educative internazionali ed europee.

Ad esempio, nel 2014, l’abbandono scolastico viene riconosciuto come uno dei problemi più gravi del sistema educativo a livello europeo. Gli obiettivi della strategia Europa2020 (tasso dei dropouts inferiore al 10%) sono ancora molto lontani: nel 2013, in Italia, il tasso è del 17%. Il numero dei NEET italiani, nel 2014, è aumentato al 22%, dal 17% nel 2005 (Eurostat 2014), uno dei livelli più elevati dell’UE. Inoltre, a livello nazionale e regionale, il divario tra il sistema di istruzione e il mercato del lavoro è sempre più ampio, sia per la riduzione degli investimenti pubblici nell’istruzione, sia per il rapido cambiamento del contesto economico in cui nuove competenze vengono richieste (es. ICT, conoscenza della lingua inglese).

In particolare, la provincia di Como mostra un tasso di dropouts superiore al 30% nel 2014. Una delle ragioni di questo elevato livello riguarda questioni legate alla gioventù che influenzano l’atteggiamento dei giovani nel diventare maturi e responsabili, spesso dovuto alla povertà o alla mancanza di legami famigliari. Questi problemi, purtroppo, possono avere delle conseguenze in termini di bassa prestazione scolastica e, eventualmente, possono causare l’abbandono scolastico. Allo stesso tempo, nel 2014, il tasso di disoccupazione nella provincia di Como è pari al 9%, ma quella giovanile è oltre il 25% (giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni). Inoltre, oggi, più di 50.000 migranti vivono nel territorio comasco e il 14% dei maschi è disoccupato, con elevati rischi di scarsa integrazione per le loro famiglie e bambini.

Il quadro teorico

Diversi pedagogisti, nel corso del secolo scorso e nei primi anni di quello attuale, hanno espresso un giudizio positivo sul valore formativo che le attività lavorative possono esercitare sugli studenti. Bertagna (2012) afferma che

«si deve prendere atto di un dato, al di là di ogni valutazione dello stesso: è finita l’epoca in cui, prima, ci si preparava a svolgere un lavoro e, poi, dopo la fase della preparazione, si esercitata questo lavoro, magari per l’intera vita. […] È indispensabile “apprendere lavorando” e, reciprocamente, “lavorare apprendendo”, la dimensione professionale non può e non deve essere l’unica ed esclusiva qualificazione di ogni persona e della sua ricchezza personale, sociale e culturale, ma deve integrarsi con tutte le altre che la contraddistinguono. Ecco perché non è più possibile ragionare in termini di scuola intesa come “preparazione di un lavoro”, che fra l’altro non si incontra mentre si studia, e di lavoro, concepito come esperienza alternativa alla scuola. I due momenti o stanno insieme o, viceversa, si danneggiano a vicenda».

L’esperienza che J. H. Pestalozzi realizza a Stanz, apre nella storia della pedagogia occidentale, al valore educativo del lavoro, capace di esprimere i tre aspetti della persona: mano, mente e cuore. Descrivendo il setting di lavoro ideato da Pestalozzi un autore francese, P. Meireu, (Meireu 1995) afferma che, per quanto possa parere inusuale osservare tutti questi ragazzi, di età diversa, affaccendati intorno a compiti concreti e molteplici, si tratta pur sempre di una scena meno inquietante di quella di un’aula con i banchi schierati verso la cattedra […]che dovrebbero avere come compito quello di ascoltare il docente che interroga i compagni, ascoltare il docente che spiega il nuovo argomento, ascoltare le indicazioni per fare i compiti assegnati sul nuovo argomento, ascoltare, ascoltare, ascoltare.

Nel laboratorium non esiste “pensare teorico” senza “fare tecnico” e senza “agire pratico”; l’astratto e il concreto si “meticciano” in continuazione, non si esercita sempre e soltanto una riflessione intellettuale di secondo grado, fondata sul libro, sulla parola scritta, che ha come unica destinazione la comprensione teorica, ma la riflessione ha sempre la possibilità di essere posta, pensata e vissuta come problema, come progetto personale, come fare e agire consapevoli che diventano, in questo modo, fini autonomi dell’azione educativa e non semplici situazioni utilizzate a servizio occasionale e strumentale del sapere teorico.

Le conclusioni dell’incontro tenutosi a Bruxelles il 7 giugno 2010: New skills for new jobs: the way forward 39th employment social policy, health and consumer affairs, Council meeting, dichiarano che gli obiettivi da raggiungere nella UE espressi in Europa 2020 dal punto di vista dell’istruzione sono la riduzione dei tassi di abbandono scolastico al di sotto del 10% e l’aumento del 40% dei 30-34enni con istruzione universitaria (in base ai dati Eurostat, employment rage, dicembre 2015). Le competenze chiave per raggiungere questo obiettivo sono considerate: comunicazione, matematica, scienze e tecnologie, imparare a imparare, competenze sociali, imprenditorialità, conoscenza interculturale, lavoro in gruppo, flessibilità e adattabilità al cambiamento, bilancio e consapevolezza competenze acquisite, formazione permanente.

A tal proposito Bertagna (2006, pp. 93-115) affronta la tematica del lavoro, del sapere e dell’alternanza. In particolare, viene sottolineata in queste pagine l’importanza, ai fini dell’apprendimento, del fare esperienza come unica possibilità perché il sapere non sia slegato dal concreto ambientale e sociale (p. 103 ss).In questa fase la consapevolezza nell’apprendimento è il punto in cui si sviluppano nuovi scenari nella mente dell’allievo, come ben delineato da Pellerey (2006, p. 49 ss)

Secondo Roncalli, per evitare uno scollamento della scuola dalla società non è necessario un adattamento della scuola al lavoro ma “un’azione che la scuola deve svolgere per preparare le nuove generazioni alla vita sociale e professionale futura” (Roncalli 2003, p. 77).

Cometa Formazione: il modello scuola-impresa

Il modello che l’Oliver Twist di Cometa Formazione propone è quello dell’apprendimento in situazione e dell’alternanza formativa scuola lavoro, che implica portare il mondo all’interno dell’aula ufficio e l’aula nel mondo. Gli studenti della scuola sono di età compresa tra i 14 e i 18 anni.

L’attività didattica professionale, in Cometa, si svolge in vere e proprie botteghe artigianali dove, come in un apprendistato rinascimentale, l’allievo impara seguendo il maestro nella realizzazione di un prodotto destinato al pubblico. In Cometa le quattro botteghe presenti sono la Bottega del gusto, dotata di un bar, un ristorante e una pasticceria didattici, aperti al pubblico; la Bottega del Legno, dotata di ufficio di progettazione e di una falegnameria; la Bottega del tessuto, dotata di un Ufficio Stile e di una tessitoria sartoria, la Bottega della natura, con giardini, orti, boschi. In questi contesti lavorativi reali, lo studente offre il proprio prodotto/servizio a un consumatore pagante. Non trattandosi di una simulazione, l’urgenza della competenza professionale emerge maggiormente e, di conseguenza, rende altrettanto urgenti per il soggetto in apprendimento tutte le competenze culturali e umane che sono anche quelle indicate dagli obblighi di istruzione.

Nelle botteghe didattiche si pratica la job rotation. La job rotation è una prassi diffusa presso alcune grandi aziende che consiste nel far ruotare un dipendente (di solito un neoassunto) per il primo periodo della sua carriera lavorativa, nelle diverse divisioni aziendali, allo scopo di verificare per quale settore abbia più attitudini, di facilitare la circolazione dei saperi taciti, di motivare la risorsa umana attraverso una conoscenza piena della parte che il suo lavoro ha nel processo complessivo.

La Bottega del gusto gestisce un bar, un ristorante e una pasticceria. Il personale è composto da maestri e allievi. Questi, oltre alla quotidianità del servizio, organizzano eventi all’interno degli spazi dell’associazione Cometa e catering esterni (pranzi di lavoro, serate a tema, serate à la carte, cene di gala, buffet, welcome coffee e coffee break per eventi aziendali, social day, cerimonie,di vario tipo, compleanni), secondo il brand Cometa o assecondando i gusti e le esigenze dei clienti.

Gli allievi del corso Sala bar, due giorni alla settimana per 8 ore, svolgono la loro job rotation presso la Bottega del gusto, che per loro si configura come formazione in Assetto lavorativo. Questi reparti sono per gli allievi l’ambito in cui imparare facendo. In ogni reparto gli allievi sono seguiti, o meglio “lavorano con” dei docenti – maestri, che formano gli allievi durante il lavoro, offrendo conoscenze e aiutandoli nell’esercizio di abilità: i maîtres, gli chef, i pasticceri, i bartenders.

L’ambito della sala è uno dei più importanti e impegnativi in quanto la qualifica prevista per l’allievo alla fine del corso è di Operatore della ristorazione/addetto sala e bar. Indossando una divisa e rispettando le norme igieniche dettate dall’HACCP, gli allievi puliscono e allestiscono la sala e predispongono la mise en place, accolgono gli ospiti, prendono le comande, servono il pranzo o la cena ai clienti interni ed esterni che vengono a consumare il loro pranzo al ristorante di Cometa, poi sbarazzano e riallestiscono la sala.

Contemporaneamente in cucina ci si occupa della preparazione dei pasti. Nel frattempo altri allievi, in pasticceria, preparano le linee dei dolci per la produzione di base, le colazioni dolci e salate, le insalate e i gelati, i dessert per il ristorante, i pasticcini e i prodotti ordinati per eventi esterni o semplicemente per take-away.

Altri allievi si occupano dei carichi e dei controlli in magazzino, luogo in cui si ripone tutto il materiale per i servizi e le materie prime che servono per le diverse preparazioni.

Infine vi è il bar, l’altro ambito al quale la qualifica degli allievi fa riferimento. Nel bar didattico si lavora regolarmente dalle 8.30 alle 16.30. Alcuni allievi, a rotazione, svolgono in più un’ora prima e una dopo, dette di d’apertura e di chiusura. Qui gli allievi imparano a servire a un target vastissimo di clienti, sia all’interno del locale che all’aperto, prodotti di caffetteria, di pasticceria, gelati, cocktail e aperitivi. In più, continuamente, puliscono, rimpiazzano, riallestiscono e controllano i carichi. Il bar della scuola è un international bar, ossia al suo interno si richiede che la comunicazione si svolga prevalentemente in lingua inglese.

Per quanto riguarda gli eventi e i catering esterni, alcuni di essi vengono interamente organizzati dagli allievi sostenuti e guidati dai maestri, secondo della realizzazione della commessa, al processo produttivo della quale contribuiscono tutti i docenti. In altri casi la parte organizzativa è curata dai maestri e la parte realizzativa svolta insieme. La tendenza, tuttavia, è quella di far partecipare sempre di più gli allievi, con responsabilità crescenti, al processo ideativo e progettuale di ogni evento.

Ricapitolando: due giorni alla settimana, ogni gruppo classe viene diviso in piccoli sottogruppi i cui membri rimangono su un ambito per due settimane, dopodiché passano a un altro ruolo. In questo modo si ottengono diversi vantaggi. Innanzi tutto la professionalità si perfeziona direttamente sul campo in maniera eterogenea ma completa, tutti gli allievi possono svolgere le diverse mansioni della filiera imparando a confrontarsi con le diverse problematiche e a scambiarsi suggerimenti nel paragone reciproco, ma anche a gustare gli aspetti che permettono di esprimere la propria personalità (così qualcuno scopre di essere più portato per il bar, qualcun altro per la sala o per la pasticceria); nel tempo si acquisiscono sempre più abilità, e con l’occorrere di casi diversi si diventa sempre più competenti; le competenze circolano tra tutti, non rimanendo beneficio di piccoli gruppi; ciascun allievo ha la possibilità di sperimentarsi in tutti gli ambiti e riconoscere quello che gli è più congeniale e, infine, questo offre spazio per la personalizzazione sulla base delle attitudini, infatti se un allievo mostra particolare interesse per uno degli ambiti, quello può divenire prevalente nella sua formazione, o essere fatto oggetto di ulteriori laboratori extracurriculari.

L’approccio di Experiential Learning

Sono stati numerosissimi, nel ’900, i tentativi di avvicinare lo studio all’esperienza del ragazzo, le così dette scuole nuove o scuole progressive. Vorremmo precisare cosa significhi questo in Cometa.

L’apprendere attraverso l’esperienza consiste innanzi tutto nell’utilizzare il lavoro come ambito privilegiato per la scoperta del sé e delle proprie attitudini e potenzialità, che possono andare oltre l’attività professionale per la quale si studia, ma si scoprono attraverso di esse.

L’io, il proprio io, si riconosce in azione. Non “io” inteso come ciò che dice di sé, che potrebbe essere anche un giudizio demoralizzato e scoraggiato, ma “io” inteso come ciò che si scopre di volere e poter fare, ed essere.

Apprendere attraverso l’esperienza è un apprendimento situato nel senso che avviene mentre l’allievo è immerso in una comunità pratica di lavoro, quella del bar, del ristorante, degli uffici di promozione e di management, fatti di pari e di maestri.

La trasmissione delle competenze avviene attraverso una partecipazione diretta dell’allievo all’attività lavorativa, con responsabilità crescenti, senza timore dell’errore che, pure in una tensione ideale verso l’eccellenza, è pienamente messo in conto.

Per questo gli allievi organizzano un evento e il suo impianto di comunicazione nell’ufficio del docente di Lettere, interloquendo con tutti gli stakeholders e imparando a farlo, traendo ispirazione per l’evento o per la comprensione di sé e di chi si vuole essere dalle opere letterarie o dalla storia; gestiscono la parte economica e quantitativa nell’ufficio di hospitality, sempre in relazione con tutti gli interlocutori della filiera, dal fornitore al cliente; imparano la professione in job rotation e riflettono su di essa nelle aule, che divengono uffici di consulenza. Non è dunque un apprendimento proposizionale: il momento in cui il maestro insegna ruota intorno al momento in cui l’allievo lavora, come quando si impara a scrivere una lettera formale, scrivendo una lettera formale, o a fare un caffè, facendo un caffè. Il maestro condivide i suoi saperi nel momento stesso in cui le domande vengono poste dalla situazione dinamica in cui l’apprendimento avviene.

La figura del maestro è fondamentale sia per le indicazioni che può fornire in qualità di esperto, concentrato sul singolo apprendista, sia per il compito di referente e di guida nella riflessione su quanto appreso, su quanto accaduto e sul suo significato. Ecco perché apprendere attraverso l’esperienza è, talvolta, partire dal fare per arrivare al sapere, come quando si riflette su cosa si è fatto in Job rotation, o su come sia andato un evento. Questo infatti fa la differenza tra il provare, il fare meccanico e il fare esperienza: la consapevolezza. Essendo l’uomo bisogno di senso, fare esperienza significa capire, comprendere.

Apprendere attraverso l’esperienza è poi ripartire dalle esperienze vissute per vivere meglio le nuove. Significa che ciò che l’allievo apprende prima del fare, sapere e abilità, hanno un fine non remoto e non eventuale. È Immediato, spesso, potenziale, qualche volta: apprendere è un’esperienza e serve a fare esperienza.

Accade quando si rieducano i propri sensi a percepire, a riscoprire il proprio corpo nel mondo. Per questo la prima fase di ogni processo produttivo, l’ideazione, inizia attraverso uscite formative, degustazioni, e attività simili.

Dopo, l’apprendere attraverso l’esperienza è dare un nome alle cose che si incontrano, che si ricominciano a vedere, a sentire: come descrivere un cibo dopo una degustazione o un luogo che si è visitato, o raccontare l’esperienza fatta per coglierne i significati. È riflettere su quanto vissuto, per comprenderlo meglio e farlo proprio, farlo divenire esperienza nel suo senso pieno. Perché un’esperienza non è tale se non è giudicata.

In Cometa, per apprendere attraverso l’esperienza, si cerca di far sì che ogni proposta didattica sia un incontro che amplia gli orizzonti. Un incontro dopo il quale sei diverso, sei più ricco.

È ancora apprendere da protagonisti, in maniera attiva, non sorbire passivamente. Significa che ogni allievo deve vedere una possibilità per sé nella proposta didattica, e l’apprendimento deve essere una conquista ricercata e ottenuta con fatica.

Si apprende attraverso l’esperienza quando si discute, in gruppo di cooperative learning o con tutta la classe, perché le idee messe in comune non si sommano ma si moltiplicano, e la discussione in gruppo aiuta il singolo a capire.

Apprendere attraverso l’esperienza è scoprire che il mondo in cui si è immersi ha la dimensione dello spazio e del tempo, e che quello spazio e quel tempo lo rendono ciò che è. Questo è più che studiare storia o geografia, è incontrare popoli, luoghi, usi e mentalità; si conosce lo spazio se si conosce come l’uomo è riuscito a misurarlo, per portarlo dentro con consapevolezza. Conoscere lo spazio e il tempo di un luogo, di un fenomeno, di un uomo, è conoscerlo davvero. Se conoscere è amare, fare esperienza è iniziare ad amare. Fare esperienza suscita il desiderio di fare altre esperienze.

L’apprendimento attraverso l’esperienza, come praticato in Cometa, avviene quando si chiede la consulenza di un maestro o di un esperto, al lavoro o nella vita; quando si pone una domanda, si cerca di rispondere ad essa, ci si riesce oppure no e si riprova. Per questo diventa esperienza essere creativi al lavoro per risolvere un problema, e da questo, apprendere.

Perché tutto questo apprendimento avvenga, in Cometa, non ci si affida del tutto al caso e alle esperienze che esso potrà offrire o alle circostanze che la vita potrà porre, perché la vita non si offre, di per sé, con propedeuticità tra le esperienze. Questa è una delle prime considerazioni che i pedagogisti delle scuole nuove si sono trovati a fare. Fermo restando che la scuola che vuole formare un organizzatore di eventi, deve aiutarlo ad affrontare il maggior numero possibile di circostanze, in modo che egli possa dirsi esperto, la nostra esperienza a scuola nell’organizzazione degli eventi con i ragazzi ha mostrato che problematiche poste per un evento non si ponevano per un altro, che però a sua volta poneva altre esigenze. Così è divenuto evidente che se alcuni apprendimenti sono imprescindibili, altri possono essere circostanziali. Come affrontare dunque quelli imprescindibili? Bisogna progettare le esperienze in modo che siano propedeutiche all’apprendimento, e una propedeutica all’altra. È necessario, perché, sebbene il maestro sia sempre presente a mediare, esistono competenze maggiori (quella dell’organizzazione di un evento) che hanno all’interno competenze meno complesse (scrivere una mail formale, redigere un progetto), e apprendimenti impossibili se mancano certi concetti di base (come la differenza tra registro formale e informale e il concetto di target).

Il maestro/docente aiuta a sistematizzare le esperienze perché diventino sapere conquistato e organizzato, come lo è nelle discipline, guidando la riflessione, offrendo il lessico disciplinare e le metodologie. Talvolta come premessa, come quadro entro il quale accogliere l’esperienza, talvolta come scoperta. Talvolta come punto di partenza, tale altra come punto di arrivo.

La progettazione non è asettica, richiede un cambiamento continuo in base alle circostanze. Le strategie per progettare le esperienze in bottega sono dunque due e vedono in entrambi i casi fondamentale il ruolo del docente/maestro di bottega e la flessibilità della sua progettazione, oltre che la co-progettazione transdisciplinare.

I maestri possono condurre a realizzare il lavoro commissionato in tutti i suoi aspetti, migliorando in itinere o rifinendo via via ciò che non è ben fatto in quanto non ancora nelle potenzialità dell’allievo (per esempio quando la proposta che gli allievi fanno del menu non è ben equilibrata, correggendola, o quando questi dimenticano di ordinare le tovaglie da prendere a noleggio, e il maître silenziosamente provvede, salvo poi, in fase di debriefing, segnalare l’errore, o come quando gli allievi hanno steso un book di progetto che necessita di essere rivisto dal punto di vista della morfologia, della sintassi e della formattazione e la docente lascia comporre tutto salvo poi correggere in gruppo). Così facendo si sostiene l’allievo, a mettere in gioco una competenza più ampia di quella che già possiede, secondo le teorie della zona di sviluppo prossimale, per cui la proposta deve essere sempre più complessa delle potenzialità perché l’apprendimento avvenga.

L’apprendimento attraverso l’esperienza in Cometa vuole dunque il protagonismo dell’allievo, ma il maestro è una presenza importante, come un compagno di viaggio imprescindibile e la cui presenza non si limita alla predisposizione dei materiali o all’organizzazione delle esperienze. La sua compagnia è una compagnia esperta, quasi genitoriale, quasi paterna (non materna), che introduce e spalanca alla vita, senza rinunciare a offrire suggerimenti e regole. Questo nella convinzione che un uomo che giudica è un uomo che insegna a giudicare, se lo insegna aiutando l’allievo a porsi le domande, a indagare, prima di offrire il suo contributo. Un uomo che educa, carico della sua esperienza, aiuta l’adolescente a trovare le risposte alle sue domande, sostenendolo nella sua personale esperienza, confermandogli la presenza di un significato e la possibilità della sua scoperta.

Com’è possibile questo, e com’è possibile non scadere in lezioni frontali che esulano da quanto detto sull’apprendere attraverso l’esperienza? Basta che tutto l’apprendimento, e non solo la singola lezione, siano situati in un progetto a lungo termine come la realizzazione di una commessa o lo svolgimento quotidiano di un lavoro in cui si entra a contatto con il pubblico.

Per chi dubitasse che legare l’apprendimento all’esperienza potrebbe portare a sfruttare i contenuti in maniera funzionalistica, bisogna precisare che quando si cerca per l’apprendimento uno scopo non remoto e non eventuale, lo studio non è finalizzato esclusivamente al conseguimento di un risultato nell’ambito professionale o alla realizzazione di un prodotto, esso deve dare insegnamenti di vita, sia in termini di metodo che di contenuto.

Le esperienze, ossia l’entrare in rapporto con la realtà, anche attraverso il confronto con autori o con la storia, permettono innanzi tutto di capirla, non solo di manipolarla; esse devono innanzi tutto educare all’agire umano, cioè alla scelta consapevole del bene: del bello, del buono, del giusto e del vero.

Le competenze professionali nell’Experiential Learning: il caso Sala Bar

Per quanto riguarda lo sviluppo delle competenze professionali del settore Sala Bar, esse sono trattate a partire dall’esperienza pratica nella job rotation, esperienza che prevede l’azione nei diversi ambiti della bottega e un momento giornaliero di debriefing. Inoltre, soprattutto nella prima fase dell’anno formativo e per quanto riguarda le competenze legate alla scienza dell’alimentazione, i professionisti danno basi teoriche e contenutistiche ai ragazzi, attraverso ore di lezione che approfondiscono i temi affrontati proprio nella job rotation.

Le competenze sviluppate grazie all’ambito lavorativo sono innanzitutto quelle regionali attribuite in maniera specifica al profilo, (per esempio pianificare operazioni da compiere per rispondere alla richiesta di un cliente, predisporre gli spazi di lavoro, servire pasti e bevande, predisporre comande). Tuttavia lo stretto contatto con il cliente spinge a sviluppare anche competenze trasversali e imprenditoriali come l’empatia con il cliente stesso, la comunicazione tra i ranghi e col pubblico, l’imprenditorialità e la promozione del prodotto.

La Bottega del Gusto, caso specifico trattato, si compone di quattro laboratori che vedono la partecipazione degli studenti a settimane alterne: la sala, dove si svolge il maggior numero di ore di job rotation, il bar, la pasticceria e la cucina. Per quanto riguarda il lavoro di sala esso consiste non solo nel servizio del cliente, ma di tutta la fase di preparazione dell’ambiente perché sia idoneo e accogliente, e nella pulizia dopo il servizio. Il bar invece vede un contatto con la clientela dalla prima esperienza, è aperto al pubblico e gli allievi si occupano del servizio di cibo, bevande e prodotti di caffetteria. Nella cucina e nella pasticceria il lavoro consiste nella preparazione dei piatti serviti al ristorante a partire dalla lavorazione della materia prima, fino all’impiattamento.

L’attività ordinaria svolta nelle mura della scuola (bar e ristorante didattico si trovano all’interno di Cometa, sebbene offrano servizi per il pubblico esterno) si accompagna all’attività di catering esterni e di eventi interni, realizzati su richiesta dei clienti. Queste tipologie di eventi offrono la possibilità agli allievi di sperimentarsi in ambito organizzativo e di acquisire competenze relative alla gestione, fondamentali nel quarto anno.

L’azione brevemente descritta sopra non si tradurrebbe in apprendimento esperienziale se non diventasse oggetto di riflessione e di categorizzazione attraverso i momenti di debriefing, svolti a fine lavoro col docente di riferimento e il tutor della classe. Si tratta del momento in cui dal puro “fare” si passa all’esperienza, cioè alla comprensione dell’azione e alla sua modellizzazione. Il debriefing è diverso a seconda delle classi, generalmente viene guidato da domande che spingano alla riflessione su quanto accaduto durante il lavoro, su quanto si è appreso di nuovo, sul lavoro in gruppo e su come si cambia nel lavoro. Con la crescita delle abilità dei ragazzi viene loro chiesto di individuare punto di forza del servizio effettuato e punti di lavoro, gli allievi sono corretti dal maestro a partire dall’azione svolta, e sono individuati e sviscerati i problemi riscontrati nel servizio.

L’apprendimento esperienziale avviene nel momento in cui il fare della bottega è abbinato alla riflessione su quanto accaduto e l’apprendimento è innanzitutto riconosciuto dal ragazzo stesso.

Le materie umanistiche nell’Experiential Learning

Faremo in questa sede qualche breve esempio di come le materie umanistiche non solo supportino la professionalità, ma siano parte integrante di esse in un ottica più transdisciplinare che interdisciplinare, rimandando ad un altro lavoro una trattazione più completa. Il lavoro richiede competenze umanistiche quando si deve descrivere un prodotto al cliente, destando fascino ma rimanendo veritieri. Il lavoro richiede competenze argomentative quando si deve presentare un progetto o difenderlo. Un evento che offre prodotti tipici del territorio, a denominazione comunale d’origine (De.C.O.), può far fare un’immersione storica profondissima, come i mondeghili Milanesi, che fanno viaggiare nella storia fino alla dominazione spagnola e prima ancora all’incontro con il mondo arabo. Allo stesso tempo, la riflessione sul concetto di ospitalità nel mondo greco o nel mondo ebraico, paragonato con lo stesso concetto oggi, mi fa maturare una consapevolezza della concezione che io ho dell’ospite e di come voglio si senta accolto, al di là della tecnica di allestimento della mise en place. La tattica di combattimento della falange oplitica, con i soldati l’uno di fianco all’altro, il cui scudo copre per metà il proprio corpo e per metà quello dell’altro, impenetrabili, diventa l’occasione per riflettere sulle caratteristiche di una brigata di sala. Lo sapevano già i tragediografi greci che una riflessione su di sé mediata da una storia, la storia di un altro, è la via migliore per capire e per capirsi. Tutta la letteratura, tutta la storia, tutte le tipologie testuali e i principi della comunicazione efficace e dell’ascolto attivo possono essere scoperti e utilizzati in un reality based learning che abbraccia tutta la vita dell’allievo.

Conclusioni: verso il Reality-based Learning e la Transdisciplinarietà

Da quanto detto in precedenza, emerge evidente il tentativo costante di superare la suddivisione in materie e discipline all’interno del medesimo percorso di studio, oltre che la storica dicotomia tra il fare e il sapere, l’esperienza e la teoria, le discipline tecnico-professionali e quelle “di base”.

A partire dal 2011 in Cometa si sta sviluppando una nuova metodologia didattica che tenga conto dell’experiential learning come punto di origine dell’apprendimento e che, nell’ottica della realizzazione di un prodotto/servizio, vengono approfondite e impiegate diverse competenze, anche di natura non tecnica. Oltre alle “competenze trasversali”, infatti, anche le competenze inerenti alla matematica e alla lingua, come si è visto, sono richieste per la realizzazione di un prodotto finale di eccellenza.

Tale struttura didattica, che implica un’organizzazione complessa e notevole, è alla base del Reality-Based Learning, dove la commessa ricevuta dagli studenti è il punto di ingaggio e l’origine per innumerevoli occasioni di apprendimento, sempre nell’ottica dello sviluppo di competenze, e non solo di conoscenze.

In questo modo la didattica tutta, nel suo sviluppo all’interno dell’anno formativo, non risulta solamente inter-disciplinare, ma ancor più trans-disciplinare: lo studente in azione, infatti, si trova a mettere in campo delle competenze di differente natura anche in modo contestuale, così da superare di fatto, nella realizzazione del suo capolavoro, il concetto di suddivisione dei saperi, in favore di un approccio olistico all’opera da completare.

A tale scopo, occorre rendere più consistente il rapporto tra i luoghi e i momenti nei quali si impara e luoghi e i momenti nei quali si applica. Anche nei luoghi di lavoro possono essere svolte azioni lavorative e azioni tipicamente formative. Il luogo di lavoro può infatti essere inteso come giacimento culturale che la scuola può utilizzare come mezzo per i suoi scopi formativi, coniugando adeguatamente le azioni formative svolte nei suoi luoghi e le azioni formative svolte nei luoghi di lavoro. Ma a questo scopo bisogna trovare criteri e modalità operative per procedere all’analisi dei processi di lavoro, al fine di trovare in essi le conoscenze e le abilità richieste nelle indicazioni nazionali per l’istruzione liceale e nelle indicazioni nazionali per l’istruzione e formazione professionale.

Tre sono i fattori fondamentali da considerare per l’implementazione: innanzitutto la possibilità che il docente ha di attuare una progettazione flessibile, costruendo percorsi che permettano di toccare le competenze necessarie attraverso tematiche scelte in base al percorso dell’allievo e della classe. Il secondo fattore è la partnership con le istituzioni del territorio, a partire dalla Regione Lombardia fino alle istituzioni più strettamente territoriali. Il terzo fattore da considerare è il rapporto con le aziende, che si configurano come vere e proprie aziende formative.

Bibliografia

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Sennet R., L’uomo artigiano, Feltrinelli, 2012, Milano.

Pubblicato da Marianna Nicotra

(Catania, 1984), is PhD in Human capital formation and labour market relations, degree that she got in 2016 at Università di Bergamo. Graduated at Università degli Studi di Catania in Modern Philology in 2011, she is a teacher of Italian, Communication, Literature and History through the reality based learning, and a researcher, in Cometa formazione, where she has been teaching since 2011. Her interests has always been teaching general subject in VET starting from experience, experimenting tools, strategies and curriculum planning involving the student’s personal experience for learning. Her experience brought her to study a complete exemplar curriculum for the Hospitality sector entirely based on work occasion in witch developing the national standards for humanities in order to meet them trough various didactic strategies.

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