Come la scuola può insegnare cos’è il lavoro? Alla ricerca di una nuova didattica

Come ci si prepara ad affrontare il mondo del lavoro è una domanda che tutti nella vita si sono posti. Un insegnante di discipline cosiddette “teoriche” o non professionalizzanti, si pone spesso questo interrogativo non solo in una prospettiva personale, ma anche professionale; come preparare, attraverso la didattica dell’italiano, la storia, la matematica, l’arte, gli alunni al lavoro?

Prima di dettagliare concretamente alcune proposte di didattica, ed esporre alcuni modelli scolastici sperimentali, come quello del Liceo Artigianale di Cometa Formazione, vorrei tracciare delle brevi premesse teoriche.
Come evidenziato da CEDEFOP nel report “Skill shortages and gaps in European enterprises”, l’aumento della disoccupazione convive con la difficoltà di quasi il 40% delle aziende europee di trovare profili idonei (2015). La stessa Commissione Europea stima che entro il 2025 quasi il 50% dei nuovi posti di lavoro richiederà qualifiche di alto livello e circa il 40% qualifiche di poco inferiori; solo l’11% richiederà nessuna o scarse qualifiche. In ogni caso alcune competenze in ambito digitale e informatico, così come le competenze trasversali (problem solving, teamwork, comunicazione) saranno decisive (CEDEFOP, 2015).
Di fronte a questi dati:
ʺPer molta della letteratura attuale una delle soluzioni è ripensare la scuola come un luogo che fornisca competenze valide per un mondo del lavoro sempre più competitivo e complesso. […]. In particolare occorre aumentare la capacità della scuola di proporre una didattica che parta dal rapporto con la realtà del mondo del lavoro. In tal senso, “portare il lavoro a scuola” e “la scuola nel mondo del lavoro e nella vita reale” rappresenta la strada maestra per affrontare le sfide del XXI secolo.”[1]
Analizzando le competenze richieste dal mondo del lavoro troviamo due grandi macro aree: quella delle soft skills e quella delle hard skills; queste ultime sono acquisibili attraverso le materie che nella scuola professionale sono chiamate pratiche o di laboratorio, attraverso stage e tirocini. Nei percorsi quali il duale e l’apprendistato, in cui le ore di materie teoriche si affiancano in maniera più massiccia a quelle della pratica lavorativa, si ha modo di imparare dall’esperienza diretta le hard skills inerenti alla propria professione.
Alcune delle problematiche connesse a questo tipo di percorsi sono:

  • la scarsa qualità della formazione in azienda;
  • la mera giustapposizione tra materie curriculari e materie professionalizzanti;
  • la mancanza di nesso tra scuola e azienda nella definizione dei bisogni formativi.

Il work-based learning, e il reality-based learning, hanno entrambi bisogno di strutture definite e di didattiche innovative. Questa problematica però diventa ancora più urgente quando si inizia a parlare di alternanza all’interno di un percorso scolastico di scuola secondaria di secondo grado, in cui l’indirizzo non è prettamente professionalizzante, come un liceo. Il rischio per i docenti di giustapporre didattiche tradizionali a ore di formazione, o plasmare la propria didattica in senso unicamente utilitaristico è elevato in tutti i tipi di alternanza, ma in particolare in quest’ultimo caso.
Le soft skills, richieste dal mondo del lavoro, diventano così la chiave di volta anche per la riprogettazione della didattica.
La didattica dovrebbe avere due livelli di progettazione, uno legato alla struttura generale scolastica, al contesto, ed una specifica legata alle singole materie.
Il modello del Liceo Artigianale,si articola su bimestri focalizzati su domande guida e singole soft skills da sviluppare interdisciplinarmente, con esami per competenze a fine bimestre, codocenze, attività artigianali, laboratoriali, stage settimanali. Le singole soft skills sono l’obiettivo comune, e fine della didattica di ciascuno, attuabile solo in un impianto scolastico più segmentato e in cui sia possibile avere almeno un confronto interdisciplinare settimanale, codocenze con i docenti di laboratorio e una figura di tutor che dia una visione di insieme sul ragazzo e metta in comunicazione i vari attori. Il test di valutazione finale, dovrebbe essere unico e interdisciplinare; preventivamente concordata tra tutte le discipline, in modo che le singole programmazioni si svolgano contemporaneamente, tenendo in mente il medesimo punto di arrivo.
Questo sviluppo mirato, programmato e diacronico delle soft skills, selezionate in base alle richieste del mondo del lavoro, non preclude né limita lo svolgimento delle singole discipline nelle loro peculiarità, ma anzi, permette a chi le insegna e a chi le apprende di ritornare ai fondamenti epistemologici delle proprie materie, selezionarli e riproporli sotto nuova luce, evitando che perdano vigore in una ormai frusta abitudine di programmi didattici reiterati, quanto superati.
Le discipline umanistiche, ad esempio, nascono proprio per sviluppare ciò che Cicerone per primo definì l’humanitas: l’ideale cioè di un uomo di cultura capace di coniugare sapienza teorica ed esperienza pratica, impegno di studio e attività politica; di avere cioè quelle competenze che gli permettessero di essere vero uomo nei vari aspetti della vita. Le soft skills sono dunque la traduzione odierna dell’humanitas, il cui sviluppo era lo scopo delle discipline letterarie fin dalla loro nascita.
Le lezioni sono introdotte da un do now, una breve attività che permette agli alunni di focalizzare la propria attenzione sull’argomento scelto, un’agenda della lezione che è sempre esplicitata ai ragazzi, insieme alla domanda guida e all’esame finale del singolo bimestre, in modo che essi abbiamo sempre una visione chiara del percorso che stanno affrontando e attivino le loro capacità metacognitive. Le attività che si eseguono durante la lezione sono molteplici e di durata non superiore ai venti minuti, è sempre presente l’uso della Lim e il computer è uno strumento didattico necessario. In classe si eseguono attività singole e di gruppo svolte ad approfondire particolari prospettive delle varie materie, mentre le conoscenze di base sono acquisite singolarmente dagli studenti attraverso la flipped classroom. Il docente verifica gli apprendimenti di base attraverso la verifica costante di quanto eseguito a casa, e le competenze attraverso l’osservazione dei lavori eseguiti in classe e i prodotti conseguiti. Ogni lezione termina con un exit ticket, spesso valutato, in cui il docente, attraverso una domanda o un’attività può valutare l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo della lezione da parte degli studenti, e riadattare la programmazione in base a una verifica costante dei risultati.
La didattica dunque, deve solo tornare a individuare i fondamenti epistemologici da cui scaturiscono le varie discipline, focalizzarli, ordinarli e riproporli attraverso tutte le modalità che le tecnologie e i nuovi approcci didattici offrono. Questo può essere fatto però solo all’interno di una struttura unitaria e focalizzata ad obiettivi comuni (le soft skills), in cui vi siano le condizioni precedentemente elencate.
Il Liceo Artigianale è dunque un esempio di struttura scolastica innovativa, che è il prerequisito per rendere efficace lo sviluppo di didattiche all’avanguardia e lo sviluppo globale di quelle soft skills, che permetteranno ai ragazzi di essere pronti ad un mondo del lavoro in continua evoluzione.

[1] De Palma et al. (2017). Dall’Alternanza all’Integrazione Scuola-Lavoro. La scuola nel XXI secolo. Disponibile al sito: https://cometaresearch.org/non-categorizzato/dallalternanza-allintegrazione-scuola-lavoro-la-scuola-nel-xxi-secolo/?lang=it

[2] Per una panoramica più completa sul modello del Liceo si rimanda al sito ufficiale: http://www.puntocometa.org/home/cosa-facciamo/scuola-e-formazione/scuola-oliver-twist/liceo-artigianale/

Pubblicato da Letizia Ferri

PhD candidate in Human capital formation and labour market relations at University of Bergamo. Employed by Cometa Formazione for the Liceo Artigianale, an innovative high school based on STEAM approach. Teacher of Italian language, history, geography. I got my degree in Italian philology on Russian writings at Università Cattolica del Sacro Cuore in Milan and a Master in International Relations at Aseri, Milan.

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