Lavoro a regola d’arte e scuola: la vera didattica esperienziale parla italiano?

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Perché quando sono nominati i ministri di un nuovo governo italiano nelle stanze del palazzo si dice “l’hanno bruciato (politicamente), gli hanno dato il ministero dell’istruzione”? Perché la scuola italiana sembra irrimediabilmente prigioniera dello status quo, sostanzialmente immutabile malgrado qualsiasi riforma?
(Articolo pubblicato su Atlantide, 34 n.1 2015)

Il sistema educativo è ridotto ad un grande sistema burocratico centralista che da funzione di garanzia di pari opportunità è diventato apparato autoconservativo. Una organizzazione di 1.011.0001 funzionari, 5 volte il numero dei dipendenti della Fiat (l’impresa privata italiana con il maggior numero di dipendenti). Un ente in cui i dipendenti non sono valutati sul merito, e dove l’aggiornamento è una libera eventuale facoltà del singolo mai accertata, mentre il contesto che sollecita ragazzi e adulti cambia ad una velocità esponenziale. Il nuovo docente entra in classe per la prima volta senza una reale formazione specifica e per tutta la sua carriera non avrà mai una persona che lo osserva, con cui confrontarsi. Ogni professore vive di fatto individualmente e isolatamente il suo compito, il corpo docente è un concetto non una reale comunità di adulti, salvo rare eccezioni per la presenza di qualche forte personalità. Le esperienze dei docenti sono storie eroiche di singoli insegnanti guidati da una forte coscienza ideale. Queste drammatiche evidenze sono purtroppo ampiamente diffuse nel mondo della scuola e riconosciute anche al suo interno dai più leali, anche se la persistenza di queste situazioni ha reso per molti questa distorsione la normalità.

Tra i critici dell’attuale modello educativo c’è sir Ken Robinson, pedagogista con crescente notorietà anche per la sua ilare forza comunicativa, piuttosto persuasivo nell’analisi destruens. Robinson pensando al compito formativo della scuola dei nostri giorni, osserva che i bambini che cominciano ad andare a scuola quest’anno andranno in pensione (ammesso che esisteranno) nel 20652. Lui sostiene che è totalmente inadeguato l’attuale sistema d’istruzione il cui sviluppo è stato guidato dall’imperativo economico del modello industriale ottocentesco, e da un modello cognitivo, quello dell’Illuminismo, secondo cui l’intelligenza è basata sul ragionamento deduttivo e sulla conoscenza dei classici, sviluppando così un’abilità “di tipo accademico”. E questo è nei “geni” dell’istruzione pubblica, che divide le persone in due tipi di profili: l’accademico e il non accademico, l’intelligente e il non intelligente3.

Il noto pedagogista propone quindi un superamento del modello scolastico pensato come linea di produzione industriale e preordinato a risultati predefiniti, aprendo al necessario e affascinante mondo della creatività e del pensiero laterale, pensando diversamente le capacità umane per creare una scuola a misura di persona4. In sintesi, concordando con le predette analisi, potremmo dire che nell’era dei google kids il ruolo informativo della scuola è decisamente superato e che ciò che ritorna primario è l’originario problema del metodo di conoscenza per districarsi nella bulimica comunicazione contemporanea che continua a crescere a tassi esponenziali5.

Il tema della conoscenza è il punto centrale della modernità, e quindi della forma del modello scolastico illuministico-industriale. Il padre della modernità da tutti riconosciuto è Descartes; con e attraverso di lui, “è accaduto che il soggetto è diventato la condizione della conoscenza; e il reale, corrispondentemente, è diventato il correlato di un atto di rappresentazione dell’uomo (un “oggetto”, ob-jectum, ossia ciò che sta di contro)6.

Se la conoscenza è una rappresentazione mentale, da qui nascono i problemi dell’età moderna e dell’attuale sistema scolastico. In questa prospettiva, infatti, il modello burocratico centralista rappresenta lo strumento che garantisce l’applicazione uniforme del pensiero che crea la realtà attesa, e i docenti rimangono progressivamente imprigionati dall’obiettivo del programma prestabilito in cui “infilare” i ragazzi. Nella scuola auspicata da Sir Robinson e da molti altri specie nel mondo anglosassone, si vuole risolvere il problema eliminando l’adulto per evitare il trasferimento di schemi precostituiti, favorendo la soggettività e l’iniziativa dell’allievo in una sorta di autoformazione. Questa soluzione non si libera tuttavia dalla prospettiva cartesiana in cui certezza e verità si appoggiano interamente sui poteri conoscitivi del soggetto: rimane così lo stesso principio di conoscenza che informa le più diffuse correnti pedagogiche moderne, il costruttivismo, il cognitivismo e una certa impostazione delle neuroscienze7.

Uno dei frutti di questa impostazione culturale sono le STEM Academy degli States, attualmente uno dei loro investimenti educativi più imponenti per lo sviluppo di una cultura scientifica e tecnologica. L’America si trova infatti, dopo la fine della guerra fredda, a combattere una guerra con la Cina per la supremazia tecnologica. L’obiettivo delle Academy è di sviluppare curriculum di scienze integrate (Science, Technology, Engineering, Mathematics) che partano dal dato di realtà per arrivare al concetto teorico secondo una didattica esperienziale. L’impostazione di questa didattica rischia però di rimanere nei confini della conoscenza moderna, dove, per dirla con Kant “l’esperienza è il prodotto che il nostro intelletto fornisce quando elabora la materia grezza delle sensazioni empiriche” e “l’intelletto è l’autore dell’esperienza8. In tal senso, si finisce per considerare conoscibile solo ciò che si sottomette all’intuizione empirica immediata e che solo così può essere quindi pensato e diventare concetto.

Il potere di conoscere è concepito come meccanicismo della scienza della natura. Alcune high school avvertendo il limite di tale approccio hanno inserito la variante dell’arte nel modello didattico. Il problema di questa idea di conoscenza è che rimarrebbe inconoscibile il senso delle discipline umanistiche che attengono alle “cose in se”, direbbe Kant ai noumeni. Si finisce così per creare una società del “come” senza nessun “perché”, una società pragmatica e ultimamente conformista.

Aristotele contesterebbe le affermazioni di Kant sostenendo che le stelle continuano a brillare anche se nessuno le guarda, poiché esiste un potere del fenomeno, della realtà in se, di apparire, o come direbbe dante l’uomo “da sensato apprende ciò che fa poscia d’intelletto degno”. Si chiama realismo, ed è un altro metodo di conoscenza, dove l’uomo non è qualcosa di precostituito, ma si rigenera continuamente nel rapporto con l’imprevedibile realtà. Non a caso nella storia della filosofia da Platone in poi lo stupore è il punto originario della conoscenza e quindi del soggetto che così scopre se stesso.

Ci troviamo tutti immersi nella mentalità moderna, in una autocrazia del pensiero, come rinnovare quindi non solo formalmente, ma dall’interno il sistema educativo?

La frontiera della didattica esperienziale apre interessanti opportunità di evoluzione del sistema scolastico anche per il sistema italiano. Il documento originario su “La buona scuola” conteneva indicazioni decisive per lo sviluppo del sistema educativo9. Portare il lavoro nella scuola aiuta in modo semplice ed immediato a riporre al centro di fatto e di schianto il tema del rapporto con la realtà. Questo straordinario passo avanti, oggi già presente in molte esperienze di formazione in assetto lavorativo nelle scuole di stato come nel sistema della Istruzione e Formazione Professionale10, pone per i docenti e gli allievi la dimensione del dato, e soprattutto dell’alterità essendo il lavoro un’esperienza eteronormata, cioè che non si piega all’arbitrio del proprio pensiero. Il metodo però non introduce ad una specificità, non è cioè una strada solo per i professionali, ma una opportunità per tutti, licei compresi.

Il lavoro artigianale a regola d’arte introduce alla bellezza come esperienza di rapporto con un dato (quindi in qualche modo oggettiva) che aiuta più potentemente a comprendere anche la bellezza di una poesia, di un testo letterario, di un dipinto o di una equazione matematica, perché introduce al lavoro intellettuale come esperienza reale. Per questo oggi che secondo molti sembra impossibile diventare adulti, abbiamo progettato un Liceo Artigianale con un approccio olistico, perché possa diventare il luogo dove il “come” spalanca al “perché”, dove essere introdotti alla realtà non come un sistema autoreferenziale, dove il fare è il luogo drammatico del rapporto con il significato e quindi possibilità di una maturazione umana.

Pubblicato da Alessandro Mele

Since 2006 Alessandro Mele has been CEO of Cometa Network, a social enterprise dealing with fostering, education, social inclusion and youth employment, operating in Como with approximately 150 employees, 200 volunteers and 1000 beneficiaries. President of Cometa VET school (500 students) and Secretary General of IATH, VET College on Tourism (180 students). Since 2018, Chairman of the National Association of Colleges-ITS (Rete ITS Italia). He got his degree in Economics at Università di Siena and a Master in Economics and Management of non profit, with a specialization in CSR management. Member of the Board of Compagnia delle Opere – Opere Sociali and Fondazione Ticinese Sant’Angelo di Loverciano, member of the Italian CSR Manager Network. Trainer and speaker at national and international conferences; author of several publications on sectorial journals.

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