In ricordo del grande Zygmunt Bauman, a un mese dalla scomparsa, Cometa Research condivide alcuni appunti in italiano dell’intervento che il grande sociologo ha svolto nel corso della seconda edizione di Cometa Social Innovation, nell’ottobre 2015.
L’affermarsi dell’attuale profondo mutamento sociale, la “società liquida”, pone nuove sfide e opportunità per tutti. Zygmunt Bauman ha offerto una riflessione sul cambiamento epocale in atto e delle sue conseguenze visibili. Nella stagione della decostruzione occorre anzitutto, per dirla con Bauman, una “genuina rivoluzione culturale” che, nel riscoprire la posizione più vera dell’uomo di fronte all’ordine della natura, permetta un lavoro di ricostruzione della persona e della società come rete di persone.
(Appunti in italiano, non rivisti dall’autore)
Spero davvero che non vi aspettiate che io dia un discorso di 40 minuti e che vi dica un breve elenco di problemi che ci attanagliano e che fanno riferimento anche ai problemi dell’istruzione. Devo limitare me stesso a focalizzarmi su alcuni problemi e cercherò di pensare un pochettino e di invitarvi a riflettere sulle radici della crisi contemporanea dell’educazione. E poi vi inviterò a pensare insieme a me all’impatto e agli effetti che lo stato attuale e critico dell’educazione ha sul nostro modo di pensare, sul nostro modo di leggere, sul nostro modo di definire l’intero intelletto. Molto brevemente ci sono alcuni elementi che vanno considerati e che cospirano contro il contatto giusto tra l’educazione e le nostre attività. Cercherò di contestualizzare il nostro pensiero odierno e cercherò di portare alla memoria la saggezza del popolo cinese, una saggezza molto antica, antica quanto l’educazione stessa e torniamo indietro al tempo di Confucio. La saggezza è questa: se si fa un piano per un anno e se si semina il grano, se si fa un piano per dieci anni piantate un albero anziché il mais, se faccio un piano per cento anni educate le persone, istruite la gente. È meraviglioso questo pensiero e credo che contestualizzi il nostro modo di pensare nei confronti dell’educazione, dell’istruzione. L’educazione è il contrario del riciclaggio del passato nel presente, l’educazione è gettare le fondamenta per riciclare il presente e riportarlo nel futuro , presente e passato. L’educazione è un mediatore. Il guaio dell’educazione di oggi è il fatto che o ci dimentichiamo o trascuriamo il passato e non pensiamo più con una prospettiva di 100 anni avanti, non siamo più capaci di pensare a lungo termine, quindi il pensiero a lungo termine non è più tanto favorito nella società contemporanea e questo porta a una crisi dietro l’altra e provoca una nuova serie di tormenti, di preoccupazioni, problemi e che richiedono un’azione immediata. Questa non è la prima crisi della storia dell’istruzione, ci sono state crisi mondiali ma credo che questa, l’attuale crisi dell’educazione ha proprietà e qualità diverse rispetto a quelle del passato. Il fatto che ad esempio abbiamo smesso di osservare le nostre tradizioni, il nostro passato, non pensiamo più seriamente a lungo termine, non pensiamo più seriamente alle conseguenze a lungo termine delle nostre azioni, del nostro agire. Questo è diverso rispetto al passato e mi porta alle radici del problema. Partirò da Roberto Esposito uno dei filosofi principali italiani della nostra epoca che ha suggerito un modo per valutare il processo contemporaneo e un paio di concetti: Communitas e Immunitas, noi siamo nel mezzo tra una e l’altra. La comunità è qualcosa a cui noi apparteniamo, qualcosa di vero, qualcosa che esiste oggettivamente, qualcosa che stabilisce le regole del gioco, che ci persuade o che ci porta o impone di seguire delle regole e che determina le nostre performance per riuscire a dare aiuto quando è necessario e che consente anche di misurare quando ci sono deviazioni da queste regole. Appartenere a una comunità significa allo stesso tempo avere una sensazione molto positiva perché si fa parte di qualcosa e allo stesso tempo ci dà approvazione ma ci dà anche risentimento. Approvazione perché appartenere a una comunità significa dare e avere quindi prendo sostegno, prendo supporto, posso essere parte di questa comunità perché nel caso di un problema, di qualcosa di inaspettato, di una sconfitta posso comunque contare sui miei amici, sui miei fratelli, sulle mie sorelle nella comunità che mi aiuteranno ad uscire dai guai. D’altro canto però c’è il risentimento perché comunità significa anche accettare molti vincoli sulle mie scelte individuali e private, devo in qualche modo rinunciare a parte dei miei desideri, a parte della mia libertà per poter sostenere il mio essere all’interno della comunità. Immunitas è pertanto un concetto anch’esso ambivalente e da un lato ci libera, ci toglie molti dei vincoli, delle limitazioni che ci erano imposte dalle vecchie comunità, non devo essere così disciplinato come nel passato. Sono libero di scegliere, posso guardarmi intorno, posso selezionare, posso scegliere le opzioni che ritengo essere più desiderabili per me e questo è vero, questo è il lato positivo dell’immunitas. Siamo molto più in uno stato di libertà per selezionare il nostro itinerario di vita rispetto alle generazioni precedenti. D’altra parte la libertà ci arriva insieme a un pacchetto che comprende anche l’insicurezza ed è oberata anche dalla responsabilità perché diventiamo responsabili delle nostre scelte. Fare la scelta giusta rispetto alla scelta sbagliata è una responsabilità. C’è la possibilità che alcune persone trovino tutto questo un onere eccessivo, un peso eccessivo e se ne vogliano sbarazzare. Più è libera la nostra vita, più è libero il nostro diritto di scegliere il corso della nostra vita, maggiori sono i rischi che questo implica. Quindi entrambi i punti di partenza e gli effetti sono equamente ambivalenti e non è molto facile conciliare queste contraddizioni culturali. L’una e l’altra hanno i loro pro e i loro contro e questo è quello che si può apprendere leggendo le opere di Roberto Esposito. Ma ci sono anche altri autori che hanno esaminato molto strettamente lo stato dell’educazione e dell’istruzione contemporanea e che hanno ritrovato quanto sia profondo il cambiamento che è avvenuto a partire dagli anni settanta. So quanto siano stati profondi, scioccanti e quanto quegli anni abbiano veramente cambiato, modificato la realtà. Prendiamo ad esempio i suggerimenti formulati da Michel Serres, un contemporaneo francese, filosofo e anche sociologo. Egli suggerisce nel suo libro intitolato in francese “Petite poucette” un nuovo tipo di essere umano che è nato in un breve arco di tempo, che ci separa dagli anni settanta, ed egli appunto propone un elenco piuttosto lungo di differenze di giustapposizioni tra la vecchia generazione, generazione cresciuta prima di questo grande cambiamento, e la generazione successiva, quella nata in tempi in cui il mondo non aveva internet, un mondo senza tablet, senza iphone, senza cellulari. Serres suggerisce che il contesto istituzionale proviene da un tempo che non viene più riconosciuto dalle nuove generazioni. I giovani di oggi hanno accesso a tutte le persone, a tutti gli individui. In teoria voi potete accedere a tutte le persone che vivono sul globo, sul pianeta terra tramite il vostro cellulare. In un sistema mondiale avete accesso a qualsiasi luogo del mondo e grazie a internet avete già accesso a tutta la conoscenza che esiste nel mondo e voi siete in controllo di tutto questo. Vi sentite di poter controllare tutto questo perché questa communitas, nel concetto di Esposito, è stata sostituita dal concetto di immunitas e ciò che sostituisce la comunità nel tempo dell’immunità è quel mondo che non chiamiamo più comunità, che ha delle regole forti, fisse, ma una rete mondiale che create voi stessi e non soltanto la create ma ne siete anche in controllo, siete voi che componete questa rete e avete anche la libertà di scomporre questa rete senza neanche tanta fatica. Per potervi fare nuovi amici non serve passare per il rituale del creare un’amicizia del mondo offline a scuola o sul posto di lavoro ma potete farlo con le vostre dita. È terribilmente più facile fare nuove amicizie, incrementare il numero di persone con cui comunicate ma altrettanto avete il controllo completo di eliminare queste persone da questo vantaggio della comunicazione, una cosa che non si può fare quando si cammina per strada in città o quando si visita una scuola o quando si trova finalmente un lavoro. Lì il processo è difficile. D’altra parte potete entrare in relazione senza tanto impegno, non avete un impegno intimo, non dovete giurare che manterrete la realtà e rimarrete leali fino a che morte non vi separi. È tutto finché non vi sarà un ulteriore notifica, un ulteriore avviso quindi potete avviare, iniziare rapporti e terminarli con grande facilità e questa è una delle grandi offerte arrivate con l’arrivo della nuova era basata sulla tecnologia. E questo rende la tecnologia informatica tremendamente attraente alle persone, potete manipolare il mondo in cui vivete. Vi do un esempio di come le cose difficili da ottenere possono essere rese più facili in modo illusorio per le persone di oggi. Cito una pubblicità di un servizio per appuntamenti che si chiama Meetic: innamorati, sii innamorato senza innamorarti, è un grande lusso, sei innamorato senza innamorarti, senza darti l’ambizione di essere attaccato alle altre persone. Qualsiasi cosa succeda, che sia in buona salute, in cattiva salute, che la situazione sia positiva o negativa, tu dipendi soltanto dal tuo obbligo. In passato si dipendeva dall’obbligo che si stipulava mentre invece oggi siamo liberi, siamo senza queste corde che ci legano. Un’altra citazione da un’altra pubblicità: non devi soffrire per essere innamorato. Tutto il mistero dei nuovi ambienti di vita che viene offerto da questi nuovi servizi di internet è proprio contenuto in questa frase, in questo slogan. Quindi mi ripeto, molte persone non senza motivi considerano tutto questo un grande salto in avanti considerando però che il concetto di progresso coniato e perseguito nell’era moderna è poggiato sulla promessa di un maggior benessere, di un maggior comfort. Tutto questo confrontato con i vecchi modi in cui dovevamo confrontarci con le cose più fragili e intricate dei rapporti umani è un’offerta di maggior benessere, di maggior facilità, di meno inconvenienti. Internet vi solleva anche da quella sensazione di paura, del timore di essere lasciati soli, sentirsi soli che è una delle più grandi paure dei nostri tempi. Cosa mi succede se mi abbandonano, se mi lasciano indietro, se mi abbandonano se mi lasciano solo, se non sono in grado di condividere con nessuno quelle che sono le mie speranze e i miei desideri? È quello che considero essere la condizione di una vita dignitosa e gratificante. Questo timore, questa paura ci viene tolta da internet, è una paura di cui non dobbiamo più soffrire con internet, 24ore al giorno, 7 giorni su 7 c’è sempre qualcuno da qualche parte del mondo a cui potete inviare un messaggio e da cui potete ricevere la risposta a questo messaggio, un tweet e sentirsi quindi non soli anche se non hai visto un essere umano da tempo o da qualche giorno. La nuova tecnologia non ci offre soltanto vantaggi e benefici, viene abbracciata in modo entusiasta da così tante persone per via di questi vantaggi però ci sono anche altri aspetti. Più di 50miliardi di dollari in Borsa vengono investiti proprio per attrarre sempre più persone e non farle più sentire da sole, sono costantemente in contatto con qualcuno e quindi non siamo più dei solitari. Altri vantaggi che si possono aggiungere alla lista è che gli studenti negli istituti di formazione attuali del mondo odierno hanno il vantaggio di Google. Tutta la conoscenza che vi potrebbe servire per superare gli esami e per diventare una persona intelligente e con delle conoscenze è già conservata è già residente nei server di Google, da qualche parte in un deserto enorme degli Stai Uniti d’America quindi non c’è bisogno di appesantire la propria memoria con tutti i fatti e tutte le conoscenze. In più sarebbe assolutamente impossibile conservare e immagazzinare nella memoria umana tutte le informazioni che vengono prodotte ogni giorno. Secondo alcune statistiche che cito, anche se non sono sicuro che siano tutte autentiche, posso dire che le informazioni nuove prodotte in un solo giorno sono maggiori di milioni e milioni rispetto alla capacità del cervello umano di immagazzinarle quindi perché ci serve tutto questo? Da qualche parte nel vostro inconscio c’è la speranza che se si perde per strada un pezzo di informazione si può sempre rivolgersi a Google e Google è sempre lì, pronto a fornire quel pezzo di informazione e a colmare quella lacuna conoscitiva. Ci sono dei vantaggi ma ci sono anche prezzi da pagare per tutto questo, si ottiene qualcosa ma si perde qualcos’altro. Nulla ci arriva senza pagare un prezzo e nel caso della tecnologia informatica il prezzo è pagato in una valuta che si traduce in proprietà, qualità che sono vitali, cruciali per poter veramente avere un autocontrollo ragionevole sulla scelta di quella che potrebbe essere una vita migliore. Qualità come la pazienza si perdono, l’uniformità, la congruenza, o la capacità di pensare da leader, da guida. Il pensiero richiede una prospettiva di tempo davanti a noi che prevede un passo dopo l’altro. Ci sono degli opinionisti americani che lamentano il fatto che non si riesca più a leggere il romanzo Guerra e pace per esempio, romanzo dell’autore russo Tolstoy. La lettura di Guerra e pace faceva parte del patrimonio culturale di conoscenza di una persona che voleva essere considerata intelligente e quindi leggere 900 pagine senza saltarne i tre-quarti oggi è un’abitudine che non abbiamo più e la stessa persona ha ammesso che non è più in grado di leggere un libro come questo e la stessa persona ha anche asserito che viviamo in tempi di conoscenza staccato come il movimento musicale quindi a differenza di una melodia noiosa abbiamo appunto lo staccato, cioè suoni separati, distinti, uno dopo l’altro, con pochissimi collegamenti tra uno e l’altro. Wilson, il biologo dei nostri tempi, afferma che siamo cresciuti in termini di informazioni ma abbiamo sete di saggezza. Le informazioni in modalità staccato non si riciclano o non si tramutano in saggezza e questo è il punto principale che caratterizza lo stato contemporaneo della formazione, dell’istruzione. Sono informazioni che si ripetono ma è molto più difficile oggigiorno trarre saggezza da queste informazioni. Pazienza, la pazienza. Questa persona che abbiamo citato ci ha anche spiegato che non è più in grado di leggere Guerra e pace, 900 pagine, ma ha anche scoperto che se si chiede a uno studente di leggere un articolo intero di un giornale vengono sollevate obiezioni. L’intero articolo? Ma da che punto a che punto lo devo leggere? Concentrarsi su un articolo per acquisirne la totalità di un messaggio è oltre la capacità di molte persone, persone cresciute nell’età moderna e sono quindi abituate da quando avevano 4-5 anni ad usare tablet, smartphone e questo tipo di conoscenza staccata, fluida, che vanifica facilmente. Congruenza. Questa è un’altra vittima fatta dalla tecnologia informatica. La congruenza è la capacità di concentrarsi su un aspetto, su un tema per un lungo periodo di tempo passando attraverso diverse soluzioni sperimentali magari sperimentando anche delle sconfitte in molti casi ma comunque proseguendo, andando avanti, cercando di costruire, mattone dopo mattone, l’intero edificio del progetto che ci si è proposti. Sfortunatamente cari amici troppo spesso non siamo più capaci di risolvere i problemi ma siamo molto più occupati ad annoiarci e rifiutiamo le molteplici opportunità che ci vengono offerte dalle centinaia di canali televisivi o dai milioni o miliardi di diversi siti internet. Questa secondo me è una trasformazione molto marcante del nostro modo di pensare. La pazienza, la congruenza arrivano oggigiorno in concentrati. La capacità di fissare la propria attenzione, la propria concentrazione, la capacità di dar seguito ai progetti, alle visioni, fino in fondo, indipendentemente dal tempo che ci vuole. Invece la cultura ispirata proprio dalla facilità della tecnologia informatica, facilità che rappresenta l’attrattiva principale della scienza informatica, che cosa porta, a quali risultati porta? Porta alla non abilità di esercitare un vero controllo sul corso della propria vita. Psicologi, psichiatri, osservatori sono uniti nel condividere questa osservazione. Tutti concordano nel dire che c’è un illusorio controllo della propria vita che è determinata dalla tecnologia e che di fatto coincide con una vulnerabilità, la vulnerabilità del nostro itinerario umano, vulnerabilità che ci espone a pressioni esterne, ci espone all’inaspettato, alla durata delle cose fino a che qualcuno ti da una notifica, e la conoscenza che viene sostituita spesso e a breve tempo, siamo impauriti, siamo portati a trattare i problemi della vita così come trattiamo un caffè espresso, un caffè istantaneo. Se qualcosa richiede uno sforzo maggiore, più lungo, preferiamo scegliere una scorciatoia, un modo diverso, trovare un modo più facile, meno oneroso. Se leggete degli studi molto profondi di persone che hanno veramente esaminato, indagato gli effetti psicologici della nuova era basata sulla tecnologia informatica, se leggete Nicholas Carr nel libro The Shallows oppure se leggete uno studio intitolato Internet Headlock, se ricordate questo internet era una sorta di veleno di cui tutti ci abbeveriamo e se leggete questi studi troverete esplicitato in dettaglio quali sono gli effetti osservati del nuovo modo di pensare, del nuovo modo di leggere, del nuovo modo di memorizzare ai giorni nostri. Di nuovo torniamo sulla memoria, ci libera internet dalla necessità di memorizzare ogni singolo dato e questa è vissuta come una liberazione. Però ci sono anche conseguenze negative. John Steinbeck, il romanziere americano, diceva che le fonti di informazione sono un po’ come i topi, se ne prendono un paio, li si mettono assieme e presto svilupperanno delle abitudini molto fertili. Quindi si mettono delle fonti insieme nella propria mente, delle fonti di informazione nel cervello e queste hanno la proprietà di riunirsi, di fertilizzarsi, di produrre nuove idee, rendendo l’essere umano un essere creativo. L’outsourcing, l’esternalizzazione della memoria, ha invece delle conseguenze tremende in questo senso perché ci rende meno capaci di essere creativi, ci sono meno punti di riferimento, che sono immediatamente disponibili nel nostro cervello per poter elaborare una visione in un momento di illuminazione, vedere un nuovo problema, una nuova domanda e cercare di dare una risposta. Quello che vi ho detto in breve e in modo molto semplificato, quello che è il ruolo svolto dall’information technology che ha creato una nuova personalità, nuovi modi di pensare nel mondo d’oggi, sia che ne siamo consapevoli o no ma questo è il modo di pensare che ormai abbiamo acquisito. Sfortunatamente ho dovuto semplificare molto e sto aspettando un giudizio finale, ci sono sicuramente dei miglioramenti ma ci sono anche dei danni collaterali apportati dalle rivoluzione tecnologica dei nostri ma quale è alla fine l’equilibrio, quale è il bilancio, cosa è che prevale? La prevalenza di un dato significa la trascuratezza dell’altro e questo è meno promettente della vittoria di un secondo aspetto. Ci deve essere un nuovo equilibrio, un nuovo rapporto, che deve essere stabilito tra questi due poli ma è ancora troppo presto per esserne sicuri, per essere consapevoli e conoscere quale sarà la soluzione perfetta. George Orwell con 1984, Aldous Huxley con Brave New World, hanno prodotto una continuazione delle cose come erano in quel momento, una continuazione se si andava avanti come erano andate le cose fino a quel momento quindi non è una buona società quella che ci aspetta ma una cattiva società, una società che inavvertitamente forse ingenuamente potremmo andare a creare dalle nostre azioni.
Nel punto a cui siamo oggi, siamo arrivati con un determinato pensiero al giorno d’oggi e poi stiamo individualizzando progressivamente il mondo, il mondo diventa sempre più individualizzato e in questo mondo i legami e le disconnessioni umane sono estremamente manipolabili sono a nostra disposizione, possiamo modificarle noi. Questa è una strada. Nello stesso mondo contemporaneo, dall’altra parte, c’è una crescente nostalgia per il passato, per il concetto di comunità nel vecchio stile, la comunità che deve rientrare dall’esilio in cui è stata cacciata. Tutto è stato dimenticato, tutto è stato perdonato. Dimentichiamo le libertà che i nostri padri hanno ottenuto per noi con lotte dure e accettiamo oggi che queste sono libertà già acquisite per sbarazzarci dei rischi, delle incertezze e delle necessità di doverci sentire responsabili. Siamo irreversibilmente connessi con questo stato di libertà quindi per poter dar forma, per poter abbozzare un futuro possibile o una catastrofe futura abbiamo due romanzi che ci aiutano di De Lubac che sono molto interessanti. Ci sono delle minacce all’istruzione, all’educazione se non ci saranno interventi, azioni per contrastare queste minacce, saranno tempi duri per l’istruzione. Citerò soltanto tre di queste minacce: c’è una commodificazione della conoscenza, la conoscenza non è una proprietà privata, non è una merce ma è parte della nostra natura, la conoscenza è tale solo se è comunicabile, condivisibile, se si può condividere con gli altri, è una proprietà comune di cui ogni generazione ha costruito una realtà e di cui ogni generazione ha dato le fondamenta. Oggi siamo in un processo di mercificazione della conoscenza, la stiamo rendendo un prodotto. Sempre più paesi in tutto il mondo hanno introdotto oneri e canoni molto elevati semplicemente per avere il privilegio di entrare in college o università molto famose, molto di prestigio. Secondo gli ultimi calcoli uno studente se vuole studiare in una di queste università molto prestigiose deve avere in tasca almeno 50mila dollari all’anno, questo è il costo per frequentare per un anno l’università di Berkeley e 40 anni fa era gratuita per tutti i residenti della California oggi invece è 50mila dollari all’anno ed è una retta in crescita. E questo mi porta ad un’altra minaccia che è proprio dietro alla porta se non facciamo nulla per fermarla. Il sistema di istruzione viene lentamente ma costantemente trasformato in un meccanismo di riproduzione di privilegi e di deprivazione. Già quello che vi ho detto poco fa, 50mila dollari o anche di più per sopravvivere un anno all’università di Berkeley California, già questo dimostra che soltanto poche persone possono permettersi di mandare i figli ad acquisire un’educazione universitaria. Il 74% degli studenti attuali delle università statunitensi provengono dal primo quarto di classe della società americana, inteso come reddito. Per contro solo il 3% degli studenti americani proviene dal quarto più basso della stratificazione sociale. Questo significa che si producono privilegi ma si producono anche degli handicap, dei deficit e questa è una cosa molto pericolosa perché invece di diffondere la conoscenza rendendola disponibile a tutti, distribuendo la possibilità di acquisire abilità e competenze che sono necessarie oggi. L’ultimo pericolo, rischio che attende il sistema dell’istruzione se non si fa nulla è la crescita determinata dalla diversità culturale, la crescita di programmi di corsi, il proliferare di corsi diversi nelle università solo per lo scopo di business. Il business viene presentato come la fonte della saggezza ma cosa vi dicevo all’inizio? Ricordiamoci della vecchia saggezza cinese, l’istruzione riguarda la capacità di poter pianificare a lungo termine, almeno di cent’anni in cent’anni. Questa cosa è incompatibile con il pensiero odierno, più incertezza e il business contemporaneo, il flusso di capitali, il fluttuare di tutti gli elementi è proprio l’epiteto dell’incertezza. Maggiore incertezza non può fungere da medicina per combattere la vulnerabilità della condizione umana già esistente. Quindi è una strada che non ci porta già da nessuna parte. Vorrei concludere con le parole con cui ho iniziato. Qualsiasi scelta si faccia, qualsiasi classe si scelga, qualsiasi cosa si rifiuti ricordate sempre una cosa: fare educazione, fare istruzione significare fare un investimento per i prossimi cento anni per lo meno.
De Martin
Ringraziando il prof. Bauman per la sua interazione, ora c’è un pochettino di spazio per gli studenti. Mi sono arrivate delle domande scritte. La prima domanda riguarda un tema molto d’attualità, cioè la crisi che è esplosa ed è arrivata su tutti i media in questa settimana dei rifugiati. Infatti alcuni studenti chiedono: Ma in una società liquida come si può influire sulle decisioni politiche relative all’integrazione in senso lato?
Bauman
Ho scritto profusamente, non vorrei ripetermi troppo, il problema è che l’era moderna è famosa per generare e produrre individui in esubero. Gli individui in esubero ci sono sempre stati, fin dall’inizio dell’era moderna, anche da quando c’erano i nostri precursori. Pensiamo alle grandi migrazioni delle persone che erano state rese in esubero e non trovavano uno spazio per crearsi una vita, per la loro famiglia, per se stessi, nel loro paese e quindi si spostavano in varie direzioni. L’unica cosa che è cambiata è la direzione nella quale si spostano. 50-60 anni fa erano gli italiani che migravano verso gli Stati Uniti, adesso abbiamo i cittadini dell’Africa che migrano verso l’Europa. La direzione è cambiata ma la produzione di individui ridondanti, in esubero è una cosa che c’è sempre stata e che ha sempre caratterizzato la società moderna. Perché? Perché ci sono due grandi settori che sono organicamente insiti nel moderno stile di vita, uno e la creazione di un ordine e l’altro è il progresso economico. L’ordine significa che vogliamo migliorare l’ordine attuale. Sostituiamo l’ordine attuale con un nuovo e tutte le volte che facciamo questo invariabilmente alcune persone non avranno più un posto, non ci staranno nel nuovo tipo di ordine che viene creato. Diventano ridondanti, in esubero e devono quindi cercare con fatica ciò che non trovano più a casa propria. Il secondo fattore è il progresso economico che consiste nello svolgere lo stesso lavoro con meno costi e meno forza lavoro e questo di nuovo significa che, come conseguenza e come effetto collaterale, alcune persone vengono messe a margine e non hanno più la possibilità di guadagnarsi da vivere e anche queste persone devono spostarsi altrove in un posto dove possono ricreare o ricrearsi la propria vita in un modo assicurabile, in un modo appunto vivibile. Ciò che sta succedendo oggi non è caratterizzato soltanto da un cambiamento di direzione degli spostamenti ma è caratterizzato anche da altre cose. Ad esempio non ci sono i conquistadores che accompagnano i migranti oggi, che impongono la loro presenza sugli autoctoni, sono gli autoctoni che devono decidere se i migranti sono benvenuti o no. La risposta di Italia, Spagna, Portogallo, Russia, che hanno accolto i latino-americani ha avuto il lusso di essere stata accompagnata dagli eserciti armati. I nuovi migranti dipendono dalla vacanza, dalla mancanza della politica locale e quindi occorre che impariamo ad accettare gli stranieri al nostro interno. C’è anche un altro nuovo evento: i migranti portano con se notizie cattive che ci preoccupano. I messaggeri sono sempre rimproverati per essere ambasciatori di cattive notizie. Quali sono le brutte notizie che ci portano? La cattiva notizia è proprio la fragilità, la precarietà della nostra apparente sicurezza, protezione. Queste nuove persone che arrivano che un tempo erano anche loro al sicuro, al riparo, relativamente soddisfatte del tipo di vita che avevano creato nel loro paese, non pensavano neanche lontanamente di doversi trovare un’alternativa da un’altra parte del mondo, di dover cambiare le loro condizioni però improvvisamente sono stati vittime di guerre tribali, di crisi politiche, finanziarie e sono stati obbligati a lasciare le loro case e spostarsi e quindi si sono trasformate in persone vaganti, che vagano. Erano solidi, erano fissati, erano autoctoni e sono diventati vaganti e questo ci ricorda che alla radice, alla base, abbiamo un pensiero che cerchiamo di cacciare dalla nostra coscienza e questa è una cosa su cui noi abbiamo il controllo. Di recente è nata la nuova classe sociale, quella dei precari, tutto ciò che è precario, incerto, instabile, beh questa è la classe media che si è precarizzata e che viene lentamente trasformata in precariato, una categoria diversa. La fiducia in se stessi, la sicurezza in se stessi, la visione ottimistica piena di energia, questa classe caratterizzata da questi elementi, viene trasformata in una categoria di persone che hanno un incubo, si svegliano il giorno dopo e magari il loro lavoro non ci sarà più. Saranno quindi accompagnati ad uscire, mancano ancora numerosi anni di vita, la loro organizzazione societaria sarà inghiottita da un’altra grande azienda, ci saranno misure di austerità e questo li priverà della loro esistenza quindi la presenza delle nostre vicinanze di migliaia di migranti che oggi sono costretti a sostare nei giardini pubblici, questa presenza ci ricorda costantemente di come possiamo anche noi potenzialmente sperimentare infelicità senza dei cambiamenti, senza nuove azioni, come è successo a loro. Ce lo ricordano costantemente e l’uscita da questa situazione non è facile, non ci sono scorciatoie, è un processo a lungo termine che richiederà molto tempo e nessuno è in grado di prevederne gli esiti. Gadamer, filosofo, suggerisce che l’unico modo per tenere una comprensione reciproca è la convivenza, allargare gli orizzonti, condividere questa nuova prassi di vita, diventare vicini gli uni degli altri, collaborare in istituti comunitari, collaborare nelle comunità, collaborare all’interno di organizzazioni che sono comunità, far parte della stessa prassi a lungo tempo porta a realizzare una comprensione reciproca e ad una volontà sincera di cooperare. Ci rendiamo conto improvvisamente che il nostro vicino di casa dovrebbe essere valutato e valorizzato come un essere umano, persone con cui non ci siamo interfacciati per molto tempo e deve essere appunto valorizzato come buon vicino o cattivo vicino, un buon padre o un cattivo padre, buon marito o cattivo marito, come appunto ci valutiamo noi tutti, come valutiamo i nostri conoscenti. Quindi, ripeto, non sarà un processo breve e non ci saranno scorciatoie. Ci sono pressioni che si contraddicono sul fondo del problema dell’immigrazione, ci sono molti fattori che devono in parte coordinare, collaborare, in parte sono fattori che si contrastano quindi non sono un profeta e non posso veramente fare previsioni sull’esito.
De Martin
Grazie molte per questa ampia risposta. La seconda domanda dice: comunque in questo contesto, descritto dal prof. Bauman di un aumento e di creazione di una nuova classe di precariato, che ruolo può avere l’istruzione, l’educazione, che è il tema del nostro incontro?
Bauman
La cosa che mi preoccupa davvero seriamente è che l’istruzione sia trasformata costantemente ma gradualmente e senza arresto in un modello che garantisce privilegi o li toglie. Non c’è più il concetto di meritocrazia nell’ambito dell’istruzione. La meritocrazia era un’ideologia che aveva dei motivi molto solidi nel nostro vissuto e che aveva dominato il nostro pensiero sul ruolo dell’istruzione 40 anni fa, prima che il costo, le rette per l’istruzione cominciarono ad avere entità così esorbitanti. Il concetto è che è vero che la piena uguaglianza della posizione umana è improbabile da raggiungere. Ci saranno diseguaglianze, saranno sempre una realtà le diseguaglianze tuttavia se una persona lavora duramente e si dedica pienamente ad acquisire un’abilità, una competenza particolare che si è scelto, allora questa persona potrà sicuramente avere un avanzamento nella società, potrà avere un lavoro in base alle proprie abilità. La meritocrazia però è un sogno oggigiorno, non è più alla portata dell’esperienza dei nostri contemporanei. Le generazioni giovani, contemporanee, la prima generazione del dopoguerra è la prima generazione che non sta vivendo e che non sta ad acquisire il livello, il punto acquisito dai loro genitori come punto di partenza per potersi migliorare, per poter avanzare perché la generazione dei giovani d’oggi è sulle difensive. Nei paesi anglosassoni da dove vengo, in Inghilterra ad esempio le persone non credono più che un diploma o anche la laurea sia una garanzia di un lavoro interessante, ben remunerato, gratificante. Non ne sono più sicuri. Il 50% dei laureati ogni anno non hanno la possibilità o la capacità di avere un lavoro che neanche si avvicina alle competenze che hanno acquisito in 3 o 4 anni di duro studio. La mobilità verso l’altro non è più garantita e questo preoccupa davvero. Una riforma molto profonda del modo in cui tutto il sistema di istruzione viene immaginato e progettato è un obiettivo, serve questo per poter ripristinare il sistema di istruzione per poterlo riportare al suo vecchio passato di meritocrazia, per riportarlo al meccanismo della meritocrazia in cui si assicurava che ci fosse il posto giusto per tutti nella società in base alla laurea, alla volontà di lavorare, alla volontà di dar forma al proprio progetto di vita. Quindi sfortunatamente il fatto che le classi medie siano nella stragrande maggioranza nel mezzo di questo trapianto che le trasformerà in precariato, questo ci pone un quesito su che cosa dobbiamo aspettarci, dobbiamo aspettarci la commercializzazione dell’educazione, dell’istruzione, della conoscenza se le cose continuano così.